Benvenuti alla tavola dell’uomo di Neanderthal

Benvenuti alla tavola dell’uomo di Neanderthal

Cozze, vongole, granchi, orate, foche, oche, cervi e anche pinoli. No, non si tratta dell’elenco dei cibi presenti ad un banchetto di nozze – dai toni piuttosto eccentrici – né dell’ennesima dieta, improvvisata da chissà quale esperto ma – stando a quanto riportato su Science – la lista degli alimenti in questione altro non illustrerebbe, se non il pasto tipico dell’uomo di Neanderthal.

Variegato, a quanto pare, – comprende proteine derivate da pesce e carne – e di tutto rispetto, come suggerisce l’esimia rivista scientifica. La fonte? I reperti – datati 100mila anni – rinvenuti nell’antro della grotta Figueira Brava, sulla costa atlantica del Portogallo.

Un ruolo determinante nello sviluppo mentale

Un lavoro d’équipe, che ha coinvolto gli archeologi João Zilhão, dell’Università di Barcellona e Diego E. Angelucci, dell’Università di Trento. I due hanno esaminato i ritrovamenti e hanno configurato gli elementi per ricostruire un menù completo.

Doveva trattarsi bene l’Homo Neanderthalensis. Un regime alimentare derivato dalle risorse attinte dalla terra ma anche dal mare, a riprova di un quoziente intellettivo niente affatto limitato. Ominidi, insomma, con le testa a posto.

Sul punto, l’archeolo Angelucci precisa : “I dati di Figueira Brava aggiungono un ulteriore contributo al dibattito in corso e alla rivalutazione del modo di vita dei neandertaliani”. Si legge: “Se è vero che il consumo abituale di alimenti di origine marina ha giocato un ruolo determinante nello sviluppo delle capacità cognitive dei nostri antenati, bisogna quindi riconoscere che questo processo avrà riguardato l’intera umanità e non esclusivamente una popolazione limitata dell’Africa australe, che si è poi espansa fuori dal continente africano“.

L’uso dei pinoli nella dieta

E se tra le vettovaglie spiccano i prodotti, frutto della caccia: cervo, stambecco, cavallo, tartaruga terrestre… non di meno, si fanno notare i ricostituenti naturali, come i pinoli.

Lo studio ne attesta un uso sistematico. Inoltre, considerate le condizioni ecologiche necessarie al pino domestico, i dati lasciano supporre l’esistenza, nello spazio compreso tra il mare e Serra de Arrabida, di un cordone sabbioso di dune.

I dati paleobotanici mostrano che le pigne mature erano raccolte ancora chiuse dai rami più alti dei pini, proprio là dove si formano”, incalza AngelucciInteressante è il dato in merito alla conservazione, emerso dall’analisi: “Poi dovevano essere trasportate e conservate nella grotta e aperte, all’occorrenza, con l’aiuto del fuoco, in modo da estrarre e consumarne il contenuto.

Non è un caso che siano presenti resti di pigne e gusci, ma non i semi commestibili”.

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