Sai cos’è la tumminia? La farina che fa bene alla salute

Sai cos’è la tumminia? La farina che fa bene alla salute

Erasi in quell’epoca e, per quella guerra, venne introdotta la coltivazione del grano marzuolo, che allora diceasi Diminia perché, venendo in maturità in minor tempo degli altri frumenti, credeano gli agricoltori di correre meno pericolo. Pure ciò, nulla giovò a’ Lentinesi, nell’aprile del 1359”.

Così ne scriveva Niccolò Palmeri, stando a quanto si evince nell’Opera Omnia pubblicata – nel 1883 – da Carlo Somma: ‘Opere edite et inedite‘.

Per chi non ne fosse al corrente, trattasi di uno tra gli innumerevoli gioielli della terra di Sicilia. Il grano in questione: Timilia (conosciuto meglio come tumminia, secondo la forma dialettale) viene coltivato, in particolare, nella zona del trapanese, sin dal periodo greco.

Lo storico economista lo vuole ‘protagonista’, all’epoca dell’assedio di Lentini, nel 1359, appunto. Privilegiato, poiché in grado di crescere con tempi molto più rapidi, rispetto ad altri tipi di grano.

Si tratta di una tipologia a ciclo trimestrale, in genere adoperato, nel mese di marzo, come ‘ringrano‘ o durante le annate particolarmente piovose, che non permettevano la consueta semina, nella stagione autunnale.

Tra le caratteristiche più evidenti, l’alto contenuto proteico e – di contro – il basso apporto di glutine. Ragione dell’attuale riscoperta. Ovvio, affinché il prodotto rientri nel quadro appena illustrato, si necessita l’utilizzo esclusivo di farine integrali. D’obbligo, altresì, la macinatura a pietra.

LE MILLE DOTI DELLA TUMMINIA

Ma perché – in rispolvero – attualmente viene tanto apprezzato? Una ragione, di sicuro, va ricercata nella presenza di lignina, complesso polimero organico, funzionale per il cuore e, più in generale, per l’intero sistema cardiovascolare. Contribuisce a rafforzare il sistema immunitario, riduce l’insorgenza di alcune forme di intolleranze alimentari (come anticipato, contiene un basso tasso di glutine) e – funzione ancor più importante – determina un abbassamento dell’indice glicemico.

Per via di quest’ultima dote, il pane di tumminia è suggerito nelle diete, ma si presta anche per un regime alimentare a scarso contributo di zuccheri (come può accadere, ad esempio – per i pazienti diabetici).

Nel dettaglio, le fibre – in notevole quantità – della farina, contribuiscono in maniera significativa alla distensione delle pareti dello stomaco. In tal modo, determinano il senso di sazietà, riducendo l’introduzione di calorie. Un maniera, d’altro canto, assai valida – stando alla parola degli esperti – per combattere anche il colesterolo.

IL PANE NERO

Le inusitate qualità del prodotto, benché largamente note, vennero per lungo tempo trascurate. Oggi, con la riscoperta di una cucina bio, centrata sulla ricerca attenta e sul benessere che parte da ciò che introduciamo nell’organismo, l’uso della Timilia è in largo rispolvero.

Pane nero di castelvetrano

Il pane di Castelvetrano è apprezzato e ricercato. Il tasso calorico, sole 240 calorie per 10 gr, lo rende tra i più richiesti sulle tavole del Belpaese. Una farina – quella di Timinia – da cui ricavare non solo pane, ma anche biscotti. Un prodotto salubre – insomma – protetto e promosso – più di recente – da un consorzio di panificatori d’hoc. Coloro che, insieme, hanno contribuito a mantenere viva l’antica tradizione siciliana e che, adesso, finalmente, ne decretano il successo.

LA RICETTA

INGREDIENTI

300 gr di lievito madre
700 gr di farina semi-integrale Timilìa (Tumminia)
300 gr farina di grano duro (semola rimacinata)
10 gr di malto per panificazione
22 gr di sale
600 ml acqua
Sesamo q.b.

PROCEDIMENTO

Per l’impasto, è consigliabile l’uso di una planetaria, con l’apposito attrezzo a gancio. In ogni caso, si può procedere anche manualmente.
Spezzettate il lievito madre nell’impastatrice, aggiungete il malto e l’acqua e mettetela in moto, a bassa velocità, per qualche minuto.
Aggiungete le due farine e continuare a lavorare l’impasto, fin quando sia ben amalgamato.

A questo punto, sommate, poco per volta, il sale e continuate a lavorare, finché l’impasto rimanga praticamente ‘incordato’ al gancio. Una volta estratto, adagiatelo sulla spianatoia, spolverata con poca farina.

Sempre aggiungendo farina, compattate l’impasto e ricopritelo, con la pellicola da cucina o con un panno umido, per farlo lievitare. Dovrà riposare, a temperatura ambiente, per sei ore e, fino al momento in cui il volume risulterà raddoppiato.

A tempo debito, dividetelo in due parti uguali; spianatelo e compattatelo con le mani, ripetendo l’operazione un paio di volte. Adoperate – al fine – il matterello, perché fuoriesca l’aria dall’impasto. Ripiegatelo, dunque, unendo i quatto angoli al centro, ricompattandolo a mano. E’ questo il momento in cui la forma diventa definitiva.

Spargete sulla spianatoia una manciata di sesamo e adagiatevi sopra la parte superiore della pagnotta. Rivoltatela nuovamente, ponendola su una teglia, foderata con carta da forno. Procedete alla stessa maniera con il resto dell’impasto e lasciate lievitare, per circa due ore.

Infine, sistemate in forno (meglio se a legna) preriscaldato, ad una temperatura di 240°. Cuocete per 15 minuti; abbassate la temperatura del forno a 200° e terminate, per altri 15-20 minuti, a seconda della grandezza del pane.

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