Cervello: quel medico che ci abita…

Cervello: quel medico che ci abita…

Vi è capitato, di recente e quasi per istinto, di schivare chi, all’interno di un ambiente chiuso, starnutiva? Oppure, in automatico, di retrocedere, nel momento in cui incrociavate persone prive di mascherina? Questi comportamenti fanno parte di una risposta adattativa, che gli psicologi evoluzionisti definiscono “sistema immunitario comportamentale“.

Si tratta – nello specifico – di un pregiudizio cognitivo – un’azione di difesa preventiva – verso quanto potrebbe causarci danno. Un atteggiamento, opera del sistema nervoso, che schiva – similmente all’attivazione di risposte immunitarie (vd. febbre o affaticamento) – quanto di nocivo si presenta al nostro cospetto.

Reazioni istintive ed automatiche

Nate Pipitone, psicologo evoluzionista presso la Florida Gulf Coast University, afferma che il sistema immunitario comportamentale è costituito principalmente da reazioni istintive e automatiche. In pratica, un’estensione del sistema nervoso autonomo.

Se specifici atteggiamenti di autodifesa fanno parte del vivere quotidiano – sottolinea lo studioso – in seguito alla quarantena sono divenuti ancor più evidenti: “Tutti usufruiamo di un repertorio comportamentale, di cui ci serviamo per evitare di essere in contatto con agenti patogeni o persone potenzialmente malate. E questi atteggiamenti inizieranno a manifestarsi ancor di più, grazie al Covid-19“.

L’impegno del cervello nell’azione preventiva

In un articolo del 2011 – pubblicato su Scientific Americanlo psicologo evoluzionista Mark Schaller ha descritto il sistema immunitario comportamentale come il modo in cui il cervello umano si impegna nella medicina preventiva. Già, ma come?

L’esperienza del disgusto

Un esempio su tutti, attraverso l’esperienza del disgusto. Comunemente, secondo la ricerca, le persone sperimentano un senso di “disgusto patogeno“, laddove si imbattono – per dirne una – nei roditori o nei ragni, storicamente rei di aver condizionato la salute dell’uomo (vd. la peste bubbonica).

Allo stesso modo, proviamo la medesima sensazione di fronte a chi riconosciamo come potenziale agente infettivo. Una ricerca mostra che le persone si irrigidiscono di fronte alla violazione delle norme igieniche: ci infastidisce un odore sgradevole, oppure quel che disturba la vista, come le ferite infette. Durante il periodo caratterizzato dal Covid-19, questo tipo di risposta immunitaria si è resa ancor più presente.

Le controindicazioni

Fin qui tutto ok, ma Schaller, nella sua analisi, non sfugge alla responsabilità di esaminare ‘l’altra faccia della medaglia’. Il fatto, cioè, di compromettere, così facendo, le relazioni sociali, a discapito del senso di convivialità che ci caratterizza. Auto-isolamento e solitudine, insomma, sono dietro l’angolo, foraggiate, talvolta, da un allarmismo non necessario.

Un’intransigenza che, a largo raggio, potrebbe svilupparsi più arditamente, sfociando addirittura in atteggiamenti xenofobi. 

L’eccesso di vigilanza

Ancora Schaller, specifica che, dal momento che ci è impossibile individuare con certezza quanti possano infettarci, tendiamo ad un sovra-dosaggio di cautela.

Pipitone prevede tempistiche piuttosto lunghe, riguardo all’argomento. Del resto se, da un lato, l’attenzione esacerbata, anche nei confronti di parenti e amici, può risultare fastidiosa, è questa una tra le prove più evidenti del nostro istinto di sopravvivenza.

Dunque, nonostante l’allarme Coronavirus sia – al momento – in buona parte rientrato, se i sintomi da iper-controllo dovessero perdurare, non abbiate timore nel contattare chi è nella competenza di fornire un adeguato supporto. Un intervento subitaneo è fondamentale, nella prevenzione della salute mentale. “Alla gente viene detto che il mondo è un posto spaventoso, in questo momento”, sostengono gli esperti. “E’ difficile annullare convincimenti del genere, una volta azionati. Dunque, è necessario cercare aiuto al più presto, prima che i pensieri tendano a cristallizzarsi, influenzando il modo di vivere delle persone“.

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