Le nuove schiave del sesso hanno il volto sofferente del Lockdown

Le nuove schiave del sesso hanno il volto sofferente del Lockdown

Sono in migliaia, senza cibo né cure. Eccola, l’istantanea delle ‘schiave del sesso’ ai tempi del Coronavirus, in Italia. A rivelarlo, The Guardian.

Ma facciamo un passo a ritroso…

Un primo dato lo forniscono le Nazioni Unite: l’Ufficio Internazionale delle Migrazioni (OIM) attesta che oltre l’80%, tra le decine di migliaia di nigeriane provenienti dalla Libia, negli ultimi anni, sono state preda di bande di trafficanti di sesso organizzate. Vengono costrette a prostituirsi, nel tentativo di risarcire quelll’iniziale debito, contratto per pagare le spese del viaggio in Europa. 40.000 euro, che le introducono in un circolo di violenza e ricatti. Controllate, anche psicologicamente, per via dei rituali di magia nera “juju“, a cui vengono sottoposte, prima di partire.

Secondo le testimonianze di volontari, assistenti sociali e ONG, durante il lungo e rigoroso blocco introdotto dal Governo, effetto del Covid-19 “i trafficanti… non avevano interesse a nutrire o aiutare le donne nigeriane”. Semplicemente, le hanno abbandonate, insieme ai loro figli, ingenerosamente vittime di un mondo che, dopo averle abusate, adesso, le sottoponeva a nuove prove, ancor più dure. Come pagare l’affitto, non potendo fare ricorso all’assistenza finanziaria o alle indennità di disoccupazione?

Alberto Mossino, cofondatore della Piam Onlus di Asti, spiega, per meglio illustrare la situazione: “Agli occhi dei trafficanti di sesso queste donne sono subumane. Sfruttate, per arricchire i loro protettori, che le trattano come bancomat. E quando il bancomat si esaurisce, viene scartato e se ne cerca un altro.”

Disperate, sono tantissime coloro che si sono rivolte ad Associazioni di volontari, per un pacchetto di riso o una pagnotta di pane.

La situazione in Sicilia e a Napoli

Ci chiamano, in preda alla disperazione e al panico“, racconta sorella Valeria Gandini, missionaria che, da più di dieci anni, assiste le vittime di tratta sessuale, in Sicilia. “Molte erano in casa da sole, con bambini piccoli e senza cibo. Dall’inizio del blocco, abbiamo consegnato generi alimentari alla loro porta. Quando il Governo ha iniziato ad allentare le restrizioni, hanno cominciato a venire nella nostra Chiesa, in cerca di cibo“.

A Napoli, la Cooperativa Dedalus ha avviato un’iniziativa di crowdfunding, a marzo, per fornire aiuti e pacchetti alimentari: “Le condizioni in cui dovevano vivere, soprattutto per quanto riguarda la salute, sono inquietanti“, afferma Jean d’Hainaut, coordinatore della Cooperativa, che aiuta le donne a liberarsi dall’egida dei ‘protettori’. 

Modus Operandi: oggi è combiato

Il modus operandi delle bande, del resto – spiegano gli esperti – negli ultimi mesi è cambiato. Storicamente, le prostitute del nuovo millennio vivevano sotto lo stretto e diretto controllo delle Mamane, donne anziane, a loro volta, un tempo, meretrici. Oggi, la schiavitù del debito viene amministrata in remoto.

Grazie agli enormi profitti (realizzati dal commercio illegale), ma anche per sfuggire all’arresto, alcuni ‘Capò’ si sono trasferiti in altre aree d’Europa, come Francia e Germania. Molte nigeriane sono state lasciate a gestire i propri debiti da sole, anche se c’è sempre qualcuno che si assicura che vengano punite, se non lavorano. Okokon, tra coloro che gestiscono i servizi anti-tratta di Piam Onlus, parla chiaro.

Prima del blocco c’era più libertà. Il lockdown – constata – è stato catastrofico. Le donne si sono trovate isolate, senza nessuno disposto ad aiutarle.

Riti magici e superstizioni

Sempre più numerose, dunque, coloro che hanno chiesto aiuto, per distaccarsi dai propri aguzzini. Tutte, o quasi, vincolate da rituali complicati e spaventosi. Legate a stretto filo ai carnefici, tramite stregonerie che ne imprigionavano la mente.

Lo juju potrebbe strappare un sorriso, qui in Europa. Ma, per i soggetti in questione, si tratta di maledizioni reali e terrificanti“, prosegue Okokon. “L’uso di sistemi coercitivi atavici è una forma di dominio assai sofisticata, molto più efficace di qualsiasi violenza fisica“. È chiaro che ogni decisione rappresenta il risultato di un percorso di estrema sofferenza. Un dissidio interiore tra lo stato di oppressione e il desiderio, legittimo, di sdoganarsi a nuova vita.

Non tutte ce la fanno. Non tutte, ce la fanno come vorrebbero. Molte soccombono, trascinandosi dietro una sofferenza, che non ha pari.

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