Sono ‘piccolo’. Mi trovo a Milano. Mi chiamano… Loft

Sono ‘piccolo’. Mi trovo a Milano. Mi chiamano… Loft

Sono sufficienti 38 mq per istituzionalizzare una nuova formula dell’abitare? A quanto pare sì, eccome. Almeno in quel di Milano. In uno tra i poli d’eccellenza, crocevia di ingegno per quel che concerne moda, food, design… lo spazio si ha la presunzione di misurarlo non in termini di distanze, ma in ripartizione delle idee.

Se in queste ultime, infatti, finiscono per convergere, all’unisono, multifunzionalità, comfort, personalizzazione, persino il più sintetico tra i monolocali può rivelarsi il ristoro ideale. Un Loft, con tutta la dignità che il nome richiede, in cui, sia pur in una dimensione minimal, c’è modo – e volontà – di viziarsi.

Incisività, che appartiene alla genialità di 5 giovani architetti, cinque donne dal carattere ambizioso che, con il progetto Lascia la scia mirano all’eccellenza.

L’ultima frontiera di chi studia il nuovo living è – del resto – conferire a superfici quanto mai ridotte la sartorialità che permetta loro di essere godute appieno. Modellate, millimetro per millimetro.

Riccardo Lanfranchi per Lascia la scia

Situato al pianterreno, quindi, con due ampie vetrate e alti soffitti, atti a dilatarne i confini, l’appartamento si ripartisce – appunto – su un doppio livello, in cui il soppalco dà quasi l’impressione di fluttuare al di sopra dell’area ‘giorno’: cucina, zona relax e postazione lavoro.

Per inciso, il piano superiore è raggiungibile attraverso una scala che, nei gradini, svela utili vani contenitori. Ennesima espressione di accoglienza, schermata da un parapetto-libreria.

Il comparto pranzo, essenziale, non manca di nulla. Accessoriato di armadi e quant’altro possa ritenersi utile, nella gestione del quotidiano. Si ricava persino il posto per una micro-postazione studio, munita di ruote… nel momento in cui dovesse risultare ingombrante.

Riccardo Lanfranchi per Lascia la scia

Toni dello sfondo e arredi, per l’occasione, rigorosamente neutri. Bianco e tortora si alternano, declinati in un andirivieni di sfumature, atto a lasciare un’interpretazione pulita delle linee. Ci pensano, poi, elementi a scomparsa e soluzioni multifunzionali a completare il gusto contemporaneo di un quadro che, non per questo, risulta meno elegante.

Nella politica di una filosofia flessibile e dinamica del ‘vivere la casa’, insomma, non soltanto ci si ingegna. Ci si reinventa, addirittura, scompaginando e anzi, convertendo totalmente le carte. E’ un Poker, questo, in cui la parola stretto viene scalzata dal concetto di intimo; in cui piccolino non significa rinuncia, ma si appresta a diventare – forma di orgoglio – libertà.

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