‘Venghino, Signori venghino…’ così si entra a Villa Sordi

‘Venghino, Signori venghino…’ così si entra a Villa Sordi

Un solo anno – tra il 1953 e il ’54 – era bastato per ottenere la parte in ben 17 pellicole. Dai Vitelloni di Fellini a L’arte di arrangiarsi di Luigi Zampa, Sordi, il meticoloso, stakanovita, puntiglioso Sordi, aveva espresso ed offerto all’amato pubblico il meglio di sé, racimolando, dal canto proprio, un discreto gruzzoletto. Discreto, almeno, quel tanto che bastava per acquistare la proprietà, sita in affaccio alle Terme di Caracalla, di cui si era perdutamente innamorato.

Un’oasi di verde, come fuori dalla città. E il 34enne, che aveva saputo non solo vestire i panni ma diventare l’essenza delle malizie e delle debolezze di noi Italiani (Casanova, seduttore, scapolo, vedovo…), adesso – proprio Lui che del lusso non ne aveva esperienza – poteva finalmente ‘permettersi’ il gioiello in questione. Una mattina di maggio la vide, la sera gli apparteneva. Firmò il contratto d’affitto surclassando, nel tentativo di acquisto, lo stesso De Sica – interessato a sua volta, ma decisamente assai più squattrinato. Dieci milioni di lire: questo il prezzo, per quello che rappresentava, agli occhi dell’attore, un sigillo di successo.

Progettata negli anni Trenta dall’architetto Clemente Busiri Vici, la Villa era appartenuta ad Alessandro Chiavolini, segretario particolare del Duce. Per l’Albertone Nazionale divenne la residenza di una vita. Le feste e i ricevimenti dei primi anni lasciarono il posto ad un clima dimesso, dopo il 1972, momento della scomparsa della sorella Savina. Una scelta di solitudine, che si prolungò fino in data del 24 febbraio 2003, con la dipartita dello stesso.

Ecco, oggi la dimora torna a respirare e ad illustrare la propria magnificenza. Riapre al pubblico, per la grande mostra del centenario dell’uomo di Cinema. Anzi, del Cinema: Alberto Sordi 1920-2020. Un modo per ricordarlo. Un viaggio inedito per conoscerlo più a fondo e scoprire, per quanto possibile, i segreti di un’esistenza ammantata di pudore, scivolata in leggerezza, talvolta ottenebrata, anche se non priva di una certa ironia, da dicerie più o meno veritiere (come la sua leggendaria tirchieria, più volte smentita). Come se il regista, lo sceneggiatore, il doppiatore, il cantante… fossero tutti lì. Mille anime racchiuse in un corpo, nella definizione di un personaggio a cui la persona, evidentemente, aveva preferito lasciare il proprio posto sul palco. Pronto per gli applausi.

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