L’ultima volta che vidi Sanremo…

L’ultima volta che vidi Sanremo…

E, alla fine, Ama ce l’ha fatta. Il carrozzone, con il conduttore e l’amico fidato al volante è ripartito, per la 71esima volta. In barba al Coronavirus e ai tanti no, alle contraddizioni e ai divieti di questi mesi. Una kermesse, che mantiene il sapore della liturgia e, per questo, ripercorre, attimo per attimo, il copione che ci si aspetta.

Promette di terminare all’una e trenta e così è e, in mezzo, conserva un racconto che vuole sapere di ‘normalità’. “Il teatro è vuoto, ma si riempirà presto della musica degli artisti“, profetizza Paolo Sommaruga durante il TG1, quasi a garantire che qualcosa accadrà, comunque, a dispetto di tutto. Come se nulla, da quell’ultima sera insieme del 2020, fosse mai accaduto.

Ama Fiore e Diodato, durante la premiazione del 2020

Come se, tra l’esibizione di Diodato, premio in mano, e l’odierna, l’Italia non avesse mai smesso di cantare, e di sognare. Dove ci eravamo lasciati, insomma… e si riprendono le fila, proprio da lì. Pensare, che subito dopo, le fotografie avrebbero mostrato una Penisola blindata. Ma quelle sere ancora no. Si rideva, allora. Ci si prendeva in giro sulla lunghezza, interminabile, estenuante, di appuntamenti che, però, misuravano di leggerezza. Si ritorna a ridere, ora, prendendo ad esame un pubblico fatto di sedie vuote. Applausi che mancano e, perciò, creati ad arte per fare atmosfera.

L’esibizione di Fiorello

E se Fiorello apre la rassegna nella sua versione più istrionica, ricoperto da un mantello di fiori, stile Achille Lauro – che si esibirà, invece, più tardi, in versione Renato Zero targato Generazione Z – il compare d’avventura conserva il suo ruolo – azzimato, ma solo in apparenza – di Direttore Artistico.

Sta al conduttore scandire i ritmi di quello che vuole essere, a detta stessa dei protagonisti, un Festival equilibrato. Dunque, non mancano le esibizioni dei talenti esordienti e quelle dei Super ospiti. Come non affezionarsi ad una Loredana Bertè ‘addolcita’ per l’occasione. Presenta un medley dei suoi pezzi più noti e si esibisce, poi, nel nuovo singolo: Figlia di..., con tanto di spilletta rossa al petto e scarpe, accanto, del medesimo colore, ed un testo, teso a rivendicare un passato, alle spalle, che trasuda di esperienza.

Standing ovation per l’esibizione, anche se gli applausi vengono presi a prestito da una registrazione del 1994. Ma tant’è.

Amadeus e Zlatan Ibrahimović

E poi ci sono loro, i compagni di viaggio, Da Zlatan a Matilda. Non manca neppure Alessia Bonari, l’infermiera simbolo della lotta al Covid. E se il primo rivendica, in forma di gag ma compreso nei propri panni, un assetto di superiorità nei confronti dell’acerrimo antagonista, presentatore ed Interista: “Troppi cantanti al Festival. Quattro dalli in prestito all’Inter“; l’altra sfodera una spigliatezza pressoché sorprendente. Si presta al gioco, recita e canta, perfino, in duetto con Fiore, in una performance che nulla ha di scontato. La donna del momento, direttamente reduce da The Undoing e in procinto di riproporsi sugli schermi con un Leonardo, firmato Rai, non smentisce le aspettative. Scherza, seduce. Del resto, le basta poco…

Matilda De Angelis insieme ad Amadeus

Infine, con il carico che è doveroso le caratterizzi, le reali Signore della manifestazione: le canzoni e chi le porta sul Palco. E ce n’è per tutti. Apripista Arisa, con tanto di tailleur rosso fuoco indosso ed il brano di un ispirato Gigi D’Alessio. Un emozionatissimo Fedez, di cui si intravedono le lacrime, mentre dà spettacolo accanto ad una assai più compassata Francesca Michielin. Madame, la più giovane, canta a piedi nudi. Gazzé lo fa, invece, travestito, per l’occasione, da Leonardo (il tema, a quanto pare, ritorna…), accompagnato da una band sui generis: un insieme di cartonati d’alto lignaggio, che da Mailyn si spinge fino a Jimi Hendrix. C’è Ghemon, irriconoscibile nel più recente look; Annalisa, che quasi va ‘fuori di seno’; una dimagritissima Noemi, come se di per sé costituisse una notizia. Sfilano, uno dopo l’altro, da Aiello ai Maneskin, da Renga a Coma_Cose, a Fasma.

E chi, con la sua ‘Musica legerissima‘ gigioneggia, facendo il verso un po’ a Battisti, un po’ a Battiato e ripercorrendo gli anni ’80, quel tanto che basta per guadagnarsi, sin dalla prima passerella, il favore ed il plauso della critica più accreditata.

Suona bene, il brano di Colapesce e Dimartino, come ben si confà all’allure che appartiene a Sanremo. E siamo solo all’inizio. Tutto il resto, ancora, ha da venire….

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