Quel che resta delle stanze dell’arte…

Quel che resta delle stanze dell’arte…

C’è un posto, a Venezia, che non è solo un luogo pittoresco per lo sfarzo degli arredi. Le enormi sale sono completamente rivestite in legno; lampadari e vetrate ereditano la sapienza dei Maestri di Murano; nei tavoli, pesanti, spiccano le pregiate rifiniture in marmo, mentre i corridoi sono zeppi di pezzi, facenti parte dell’artigianato storico. E quando la luce penetra, da fuori, invade i pavimenti dei magnificenti salotti, mettendo in risalto gli imponenti tappeti persiani.

Qui c’è molto di più. Si respira il glam di chi, anche solo per qualche tempo, è stato ospite nelle stanze di un albergo che, situato a pochi km dal Lido, rinverdisce – al solo sguardo – il prestigio di atmosfere passate. Non si contano i nomi dei personaggi famosi, che hanno alloggiato presso l’Hotel Des Bains, magari in occasione della Mostra del Cinema. E c’è chi, persino – vd. Luchino Visconti nel suo Morte a Venezia – ha saputo trarre, dalle varie suite, l’ambientazione ideale per il proprio capolavoro.

Un David di Donatello, quattro Nastri d’Argento, un Globo d’oro, quattro Premi BAFTA e il Trofeo del 25° Anniversario al Festival di Cannes, ciò che il cineasta portò a casa dal proprio girato. Un film che, per la soave raffinatezza, ottenne persino la candidatura al Premio Oscar, nella categoria Migliori costumi. E non fu il solo. Le medesime sale si ersero a protagoniste de Il paziente inglese, che valsero al regista Anthony Minghella ben nove Statuette.

Il paziente Inglese – Ralph Fiennes e Kristin Scott Thomas 

Lo stesso lusso che ha conquistato fior di spettatori e non solo lascia, oggi, distrattamente, spazio all’incuria, tanto che le porte di questi ambienti incantati potrebbero chiudere per sempre.

Come accettare l’inopinabile? Qui non si è fatta solo incetta di cultura. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Adolf Hitler insistette per soggiornare in Italia, proprio presso il rinomato domicilio lagunare e, ancora, fu al Des Bains che incontrò Mussolini. In sintesi, qui si è disegnata la storia.

Poco importa se tra le pareti dai toni pastello, le carte da parati, rinomate, e le centinaia di piante, fiori e piccole palme pendant, al pari di opere d’arte, siano passati i volti di Liz Taylor e Robert de Niro. Chi ne intende salvaguardare le sorti, invita – adesso – a non preservare quel che stato, quanto, piuttosto, a difendere ciò che può rappresentare in futuro.

Del resto, al di là della pandemia e della recessione ad essa legata, i costi di manutenzione, le tasse, le difficoltà di gestione hanno operato nella direzione del decadimento. Eppure, il valore resta talmente enorme, che persino le Istituzioni, primo tra tutte il Ministero del Turismo, premono affinché si escogiti una soluzione.

Scena tratta da Morte a Venezia

Salvaguardarne le sorti significherebbe, in sostanza, tutelare uno tra i Templi della Cultura Europea e riappellarsi alla poesia in esso racchiusa. Approdare al Lido, arrivando – magari – a bordo di una gondola, e farsi rapire, nuovamente, da quell’atmosfera malandrina e magica che non smetterà mai di lasciare con il fiato sospeso.

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