Se passi per Livorno, al tramonto fai un salto da me che preparo i datteri…

Se passi per Livorno, al tramonto fai un salto da me che preparo i datteri…

Un terrazza sul mare, con i suoi quartieri gaudenti e quegli scorci, che non hanno pari. Questa è Livorno. Rinomata, secondo alcuni, per il fascino decadente. Ma qui c’è molto di più. Questo è il tempio del buon mangiare. E un porto franco, grazie alle Leggi, con cui si promettevano alloggio e bottega gratuiti, a chiunque desiderasse intraprendere un’attività commerciale.

L’antica Livorno

Una realtà, cosmopolita e multietnica, dall’impareggiabile varietà culinaria. Dunque, definire un piatto ‘livornese‘ significa appellarlo di un’accezione specifica. Non devono mancare abbondante pomodoro – importato dagli Spagnoli – e – secondo la tradizione ebraica – tanto, tanto pesce. Cacciucco, baccalà, stoccafisso, triglie. Qui tutto respira di salmastro. Non mancano il cuscussù, il pollo in galantina, e i dolci, dal fare semplice, come la cotognata, le roschette e le uova filate.

La cucina, del resto, in questi luoghi, ha trasformato la povertà in ingegno e laddove mancavano gli ingredienti ha aggiunto… un pizzico d’ironia. Pensate, ad esempio, alle minestre: ‘coi sassi‘, ‘sui discorsi‘, ‘sulla palla‘, e via dicendo.

Certo, se esiste una ricetta per eccellenza… beh, si caratterizza per le sue 5 C. E abbiamo detto tutto. Il Caciucco nasce, appunto, per riutilizzare l’invenduto del mercato. Certo, nel corso degli anni, si è evoluto, raffinato, ma rispetto all’idea che debba rappresentare un piatto unico, sugoso e non acquoso, nessuno, tutt’ora, ha dubbi.

Dipinto di Giovanni Ciucci

D’altronde, le istituzioni, a tavola, sono parecchie. Si va dalla Torta alla Gagarin, la cui versione, all’interno di una schiacciatina, prende la denominazione di 5 e 5, 5 centesimi – un tempo – per il pane – 5 per la torta, salata.

Ci sono le ciambelle dell’Antica friggitoria, dette Frati, in ricordo della chierica appartenente a questi ultimi. C’è il Ponce, di tradizione anglosassone e rivisitato, secondo il gusto locale. Vigorosa variazione del punch britannico, è a base di caffè caldo corretto, arricchito da rhum. E, poi, tra gli antipasti più desiderati, ci sono loro: i Datteri di mare. Perle di un patrimonio che, nei cuori di chi li ha conosciuti e assaggiati si conserva indimenticabile…

NON CHIAMATELI MITILI…

A guardarli, sembrano assolutamente simili alle cozze, ma il guscio, marrone e allungato, racconta un’altra storia. Sono, infatti, questi, tra i frutti di mare più pregiati e costosi. Il prezzo, al kg – per capirci – oscilla tra i 50 e i 60 euro. Quasi il triplo delle ostriche e può spingersi fino a 100 euro al kg, in prossimità delle Feste. Un piatto di spaghetti con i datteri di mare – è questo il nome con cui li si conosce – al ristorante può costare anche 70 euro.

Del resto, sono considerati una vera e propria prelibatezza e la particolarità sta nei tempi di crescita: per raggiungere i 5 cm di lunghezza impiegano tra i 15 e i 35 anni; nonché nel modo in cui si sviluppano, incastonati nella roccia. Sarà per via della superficie, riccamente ossigenata, in cui crescono. Di fatto, sono buonissimi.

Pensate, fino agli anni ’70 del Novecento, nello specchio d’acqua delimitato dal Molo Novo, c’era impiantata una ‘datteraia’ (allevamento di mitili). Massicci pali infilzati nel fondale, distanti tra loro una decina di metri, sorreggevano grosse funi, lungo le quali si sviluppavano, numerosissime, le famiglie di cozze.

Ebbene, accadde che un’epidemia di colera colpisse varie città del Mediterraneo e, pertanto, venissero eliminati numerosi allevamenti, tra cui quello di Livorno. A nulla valse la costruzione di uno stabulario per la depurazione. Si interruppe, in tal modo e assai bruscamente, la tradizione, che aveva accompagnato la popolazione per centinaia di anni, di allevare bivalvi.

Pur tuttavia, super richiesti nelle zone della costa, rappresentano l’ideale per ricette gustose e assai variegate. Ciò non di meno, sono considerati specie protetta, motivo per cui, in Italia, come pure presso numerosi altri Paesi, ne è vietata la pesca. Causa, il fatto che l’unico modo per catturarli, sia distruggere l’ambiente marino in cui vivono.

Non costituiscono una specie in via di estinzione, ma la loro raccolta è talmente distruttiva, che la legge è intervenuta per proibirla.

Nonostante il divieto – va detto – i pescatori di frodo continuano a prendere e a vendere, sottobanco e a peso d’oro, i molluschi, per cui non è raro imbattersi in operazioni di sequestro, da parte della Guardia di Finanza.

E il reato è severamente punito: è previsto il carcere da 2 mesi a 2 anni o una multa, che va dai 2.000 ai 12.000 euro, oltre al sequestro del pescato e di tutta l’attrezzatura. Persino mangiarli è un crimine, per cui il consumatore finale, se colto in flagrante dalle Forze dell’ordine o denunciato, è sanzionabile.

… MA DATTERI AL TRAMONTO

LA RICETTA

Ingredienti (per 4 persone):

  • 4 uova
  • 1 kg di datteri
  • 400 gr di pomodori
  • 1 o 2 spicchi d’aglio
  • 1 cipolla piccola
  • q.b. di un ciuffo di prezzemolo
  • 2 o 3 foglie di salvia
  • 30 grammi di parmigiano grattato
  • q.b. olio evo
  • q.b. sale
  • q.b. pepe

Preparazione:

Pulite i datteri ed eliminate la barbetta (il peduncolo), oltre alle eventuali incrostazioni.

Con l’aiuto di un coltello, eliminate una delle valve e disponete la polpa nell’altra. E’ un’operazione semplice che, in ogni caso, richiede manualità. Per questo, aiutatevi con un coltello appropriato, a lama corta, flessibile e arrotondata nella punta.

Disponete, in padella, un filo d’olio e soffriggete la cipolla, finemente tritata, l’aglio schiacciato, la salvia e il peperoncino. Appassita la cipolla, aggiungete i pomodori, ridotti a poltiglia e lasciate cuocere, per qualche minuto.

Nel frattempo, sbattete le uova, con parmigiano e prezzemolo tritato.

Inserite nella padella i datteri sgusciati, con la valva rivolta verso l’alto. Di seguito, le uova. A coperchio inserito, fare cuocere, per qualche minuto.

Rovesciate il preparato nel piatto di portata e servite, come fosse una frittata. Fette di pane abbrustolite, a completare l’opera, saranno il vero tocco da manuale, per una pietanza che, nei colori, caldi ed infuocati, rievoca quelli di un tramonto estivo.

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