Strada di un successo targato Swinging London

Strada di un successo targato Swinging London

Potremmo definirla ‘operazione nostalgia‘ e, in effetti, le circostanze in cui Mary Quant si promosse a regina delle London’s girls sembrano il risultato di una perfetta congiuntura astrale, in cui tutto si incastra perfettamente.

Mi chiamo Barbara. Avete presente Jane Fonda in quel film…? Barbarella. Ecco, sì, mi chiamo proprio come Lei. Beh, magari, come Lei, non posso dire di aver viaggiato in giro per lo spazio, ma un bel salto a Londra l’ho fatto e se lo ricordano ancora tutti. Magari, alla sua stregua, non mi avrà incaricata, del viaggio, il Primo Ministro della Terra. Ma vuoi mettere? Io, la mia, di destinazione, me la sono andata a cercare da sola. Anzi, me la sono praticamente inventata, per dar voce a tutte le presenze – e vi assicuro, erano molte – che mi sgomitavano nella testa.

E, a ben guardare, non è neppure un grande spostamento: con i miei, abitavamo nel sobborgo di Blackheath. Una tranquilla famiglia della middle class: questo si sarebbe detto di noi. Così, nel 1934 nacqui io: Barbara Mary, che, poi, è quello il nome con cui tutti mi conoscete.

Mary Quant

Ora chiudete gli occhi e immaginate di varcare le soglie di una favola. Come tale, insomma, come ogni fiaba che si rispetti, ci vuole un Principe, ed io trovai il mio, che mi impalmò, persino. Alexander Plunket Green era un giovane bohémien, di nobile discendenza. Un tipo estremamente gradevole, nei modi e folle, proprio come me. Quando, intorno alla metà degli anni ‘60, ereditò una certa somma, si elesse, nei miei confronti, al ruolo di Mentore. Evidentemente, doveva vederci lungo perché… ci azzeccò. Quelli che pensavamo essere unicamente gusti personali andarono a coincidere, in quel preciso momento, con le istanze di una generazione. La più conservatrice delle realtà rivendicava autonomia di pensiero e lo faceva attraverso un modo di comunicare che si riconoscesse universale.

Così, nel 1955, in quel di Chelsea, aprimmo il nostro primo Bazaar. L’avreste mai detto? Era appena iniziata la storia della minigonna. Eravamo stufi, tutti, di addobbarci come la mamma e la nonna… vitina stretta, sin dal ’48, gonna ad ombrello e quel fare da Signorina ‘bene’, tipico dello stile Dior. Niente a che dire, certo, ma noi volevamo la rivoluzione. Rivendicavamo capelli lunghi per gli uomini, corti per le donne. Immaginavamo un mondo in cui potessimo permetterci, da soli, di scegliere ed acquistare cosa indossare e, soprattutto, come indossarlo. Ambiziosi? …magari anche, solo, anticonformisti.

Mini skirt, la battezzai, in onore della Mini, che, all’epoca, tra le automobili, andava per la maggiore. Ancora oggi, quando ascolto fior di dibattiti su chi sia il vero autore di questo a capo d’abbigliamento mi viene da sorridere. Negli anni ’90, durante un’intervista, risposi: “Né io, né Courrèges, abbiamo avuto l’idea della minigonna. E’ stata la strada ad inventarla”. Lo ribadisco. A 10 anni di distanza, avevo specificato, ancora: “Seguivamo la stessa logica, anche se creavamo moda per persone diverse. Nessuno ha inventato la mini, nasceva da una volontà. Andrè Courrèges ha scioccato l’alta moda, portandola nel moderno… Io ho semplicemente realizzato un desiderio comune e accorciato le gonne, per ragazze come me”. Ed erano tanti, maschi e femmine, a farsi vivi, a negozio, intenzionato a ridisegnarsi, a suon di Beat.

Che, poi, alla fine, volevamo solo stare comode. Nulla di più. Fu così che, in breve, divenni – com’è che mi hanno chiamata? – ah sì, la ‘Sacerdotessa’ di un nuovo modo di imporsi al mondo. Libero, scevro da sovrastrutture, colorato e… corto. Tanto, tanto corto. Cominciarono ad avvicinarsi, alla nostra idea, e a corrisponderla, personalità eminenti, prelevate al Cinema, al Teatro e all’Arte in genere.

Brigitte Bardot

In questo contesto, al Baazar si aggiunse presto un secondo negozio, in Brompton Road, nella zona sud-ovest della città. Quella fighetta, per capirci. Poi, nel’63, posi il mio primo tassello in direzione della Celebrità. Fondammo il Ginger Group, con l’intenzione di esportare la nostra voglia di innovazione anche all’estero, fin negli Stati Uniti. A breve avrei introdotto, nel marchio, anche la linea di cosmetici e le calzature. Insomma, pensavo in grande. D’altronde, non è così che si fa?

Mi diedi parecchio daffare tanto che, nel ’66, Elisabetta, quell’Elisabetta ultra 90enne che oggi appare ai vostri occhi come, forse, come un’anziana vedovella ma che, allora, era al massimo del suo splendore, mi conferì l’onorificenza di Cavaliere della Corona Britannica. Più in là, nel 2015, mi avrebbe eletta Dame, vale a dire Dama della Regina. Provateci voi?

Twiggy

In quello stesso anno, spiccava, distinguibile su tutti, dalle copertine delle più accreditate riviste di moda, il volto – ciglia finte e trucco a ‘banana’, capelli cortissimi ‘alla maschietta’, corpo efebico – della shampista diciassettenne più famosa del Paese – questo sarebbe diventata – e non solo. Mi riferisco a Lesley Lawson. Twiggy, per chi ancora non lo avesse intuito. Posava, stivaloni bianchi di vernice e hot pants e sdoganava molto più di un pantaloncino. Stavamo facendo filosofia…

Ancora, Mary Quant

E abbiamo continuato a farla, per anni, nella convinzione che non serve armarsi di cappa e spada per combattere le proprie battaglie. A volte bastano ago e filo… e un paio di forbici. Le mie dovevano essere davvero ben affilate. Traguardi e onorificenze a parte e vi assicuro, non sono mancati né gli uni, né le altre, ciò che mi premeva raccontarvi era la nascita di un progetto. E la sua evoluzione.

Quel che è su carta, se chiede di vivere, non dovrebbe mai rimanere tale. Equivale a lasciarlo morire. Se ancora, oggi, ultraottantenne, mi domandassero, se mi considero io l’autrice della minigonna risponderei, esattamente come allora, che “Le vere creatrici della mini sono le ragazze. Le stesse che si vedono per la strada”.

Ecco, riprendeteveli quei marciapiedi, le vie, le piazze. Girate e fate conoscere alla gente le vostre idee. Forse non a tutti piaceranno. Vi biasimeranno, alcuni. Altri vi osteggeranno, ma voi non fermatevi. Questa esistenza è fatta di fortuna, lo ammetto, ma anche e soprattutto di volontà. Credete in voi stessi, in quel che vi abita. Siatene fieri. Prima o poi, se manterrete il giusto piglio, se non vi darete per vinti, convincerete anche gli altri“.

Parola di Mary

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