Accomodiamoci a tavola, che questa è l’Emilia Romagna

Accomodiamoci a tavola, che questa è l’Emilia Romagna

Mammamia che Emilia, da far perdere la testa. Gaudente, succulenta, dedita ai piaceri, tutti e, tra questi, superfluo nutrire dubbi, quello sempreverde della tavola. Tanto da istituire, un tempo, la figura dello ‘Scalco‘, appositamente pensato, al pari di un dignitario della cucina, per accompagnare i commensali, nel Cinquecento e, poi, nel Seicento, nel loro itinerario gastronomico.

Il ferrarese Gian Battista Rossetti, al riguardo, scrisse persino un trattato in cui, tra le pietanze più prelibate, si citano, per dirne una, Tortelli di zucca con Butirro, antenati degli odierni cappellacci. Vanto della cucina Emiliana, ma non unico, anzi.

Estimatori dei primi, dei secondi piatti, degli insaccati, qui si trovano tutti d’accordo e che dire, poi, dell’Aceto Balsamico di Modena, del Parmigiano Reggiano, della Piadina e dei vini, primo su tutti il Lambrusco? L’Emilia Romagna – lo ha dimostrato con gli anni – è Terra di intrattenimento di pancia (non a caso Bologna, da queste parti, è Bologna ‘la grassa’) e di piaceri. Ma, anche, di individualità e forte competizione. Così, se i tortellini sono – appunto – tipici del Capoluogo, a Reggio Emilia si gustano i cappelletti, gli anolini a Parma e Piacenza. Rivisitazioni, tutte, di un’unica genia. E poi la tradizione, lunga, della pasta fresca. Azdore e sfogline, in tal senso, la sanno lunga e sanno bene, soprattutto, come raccontarla: tagliatelle, lasagne, taglierin… le declinazioni sono infinite, tutte goduriose.

Che dire di quei piatti antichi, tramandati di generazione in generazione, di bocca in bocca, talvolta senza neppure una ricetta di riferimento? Conoscete la ‘bomba di riso‘? Sorta di timballo, a base di piccioni in umido. O la burtleina? Schiacciata di farina, uova e latte, messa in frittura. Più noti, di sicuro, pisarei e fasò, gnocchetti conditi con sugo di fagioli, rinomati a Piacenza. Lo gnocco fritto o il riso con carne d’Anitra, ampollosità firmata Ravenna.

In quanto ai bolliti, c’è solo da alzare le mani, che qui sono Maestri. Accompagnati, per lo più, da mostarde di frutta. E le specialità si sommano, una via l’altra, dalla Salama da sugo ai Bocconotti al Baccalà, dallo Stracotto d’Asinina alla Picula di Cavallo, al Cotechino in galera, ai vari salami, come il Felino o quello d’Oca, al Culatello. E, poi, ancora, i funghi di Borgotaro, i tartufi Bianchi, pregiatissimi; persino la ricetta, abbastanza inconsueta, dei cardi alla Parmigiana.

Per i palati forti, non mancano la Zuppa di rane, le Folaghe ai ferri, le polpette di mare e via dicendo… Potremmo citare il Coniglio alla Reggiana, il polpettone di tacchino… il Capretto alla cacciatora e la Lepre sfilata. E, ad abundare, la Coppa al forno.

Sapori pregni, che non deludono, neppure quando si tratta di dolci, dal Panpepato ai Lupini, agli Amaretti di san Geminiano, Il tutto, irrorato da un San Giovese, un Pagadebit di Romagna, un Trebbiano… e alla Salute!

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