Si chiama Vespa, sì, ma viaggia in fondo al Mar

Si chiama Vespa, sì, ma viaggia in fondo al Mar

I tentacoli possono spingersi a misurare fino a 3 metri e ciò spiega, forse, almeno in parte, il livello di pericolosità di un animale non troppo noto, probabilmente, ma assolutamente nocivo per gli esseri umani.

Le statistiche parlano di circa 70 morti ogni anno, a seguito di una sua puntura e pare che il veleno possa arrivare ad uccidere in meno di un minuto. Questo le ha fatto guadagnare il soprannome di “medusa più velenosa del mondo”, anche se, per chi dell’argomento ne sa qualcosa, trattasi, più comunemente, di Vespa di mare.

La Cubomedusa

…dal momento che viene soprannominata anche in questo modo – altri non è – entrando nel tecnico – se non uno cnidario, di taglia medio-grande. Un esemplare adulto può arrivare alle dimensioni di un pallone da basket e possiede quattro ammassi da 15 tentacoli ciascuno, per un totale di 60.

Un esempio di fauna, capace, nell’acqua, di mimetizzarsi magistralmente. Del resto, è pressoché trasparente. Quando nuota, poi, i suoi tentacoli si contraggono fino ad una lunghezza di 15 cm, affinché assuma una velocità di 7 km/h. Al contrario, nel momento della caccia, lo accennavamo, le dimensioni aumentano in maniera esponenziale. Ogni tentacolo è. inoltre, ricoperto da nematocisti, cellule velenifere, che si attivano con la pressione e con innesto chimico.

Non vi pare abbastanza? Allora sappiate, pure, che rispetto ad altre meduse, la Vespa di mare sembra sia dotata di 4 serie da 6 occhi, per identificare al meglio le proprie prede. E se possiamo rassicuraci sul fatto che viva in mare aperto, le zone in cui ne sono stati avvistati diversi esemplari si differenziano. Si va dalle coste australiane alla Nuova Guinea, a quelle delle Filippine e del Vietnam.

In particolare, in Australia, gli avvistamenti sembra si protraggano nell’area marina che va da Agnes Water a Exmouth. Da est ad ovest, in breve.

‘Cattiva’ per davvero

E, se nel 2009, a largo del Giappone è stata individuata una razza parecchio simile, lasciando intuire un ridimensionamento, in quanto a presenze, della specie in questione, è altrettanto vero che la Chironex fleckeri rimane, per chi ha la sfortuna di imbattervisi, altamente tossica. Anzi, cardiotossica, arricchita da un’esigua componente neurotossica. L’elevato grado di rischio viene confermato dal suo LD50, pari a 0,004 mg/Kg, ottanta volte più potente – per capirci – di quello rilasciato dal temutissimo Mamba nero.

Gli studi, d’altronde, ne hanno rivelato la composizione: una miscela di proteine e polipeptidi, tra cui istamina, catecolamina, ialuronidasi, chinina e fosfolipasi. E, benché si cibi essenzialmente di pesci e crostacei, le sue vittime sono destinate a soccombere, nel medesimo istante in cui avviene il contatto con i tentacoli. Rituale, che tende a ripetersi per almeno 2/3 volte al giorno.

Al contatto, nell’immediato, si sprigiona un’intensa sensazione di calore, a cui fanno seguito, una volta entrato in circolo il veleno, una serie di forti spasmi muscolari, paralisi respiratoria e infine arresto cardiaco. Nel giro di tempi brevissimi. Ciò nonostante, la maggior parte degli attacchi risulta non siano fatali, poiché spesso interessano superfici di piccole dimensioni. E, pensate, l’antidoto più efficace? L’unica sostanza in grado di inattivare le sostanze tossiche delle nematocisti è l’aceto (o acido acetico minimo 5%).

Non a caso, sulle coste australiane, le boccette sembra che vadano a ruba.

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