American Beauty: sogno infranto della bellezza Made in USA

American Beauty: sogno infranto della bellezza Made in USA

Una ragazza. E’ ripresa in primo piano e domanda a chi la sta filmando di uccidere suo padre, per lei.

E’ così che si apre il sipario sulla vita di Lester Burnham, 42 anni. L’uomo scrive per un periodico e la sua vita potrebbe dirsi di successo, se non fosse, invece, così annoiato, depresso, esasperato dal confronto con una moglie, Carolyn, nevrotica, ambiziosa e frustrata. E dal rapporto – interrotto? – con una figlia sedicenne, Jane ‘arrabbiata, insicura, confusa‘ – per volontà di regia – secondo un copione che, perfettamente, rispecchia i panni di un’adolescente.

Benvenuti nel mondo di un protagonista che, in prima persona, ci racconta e ci spiega che ‘tra meno di un anno sarò morto‘. L’ironica cronaca degli accadimenti ci introduce, passo dopo passo, in un quotidiano ‘prefabbricato” ad arte. Il ‘modello Americano’, per intenderci, alla Truman Show si trasla in un’atmosfera più recente, ma la matrice è la stessa. Qui la vita è apparecchiata. E’ già scritta, senza posto per sbavature, intralci. Non è mai sghemba. Non può permetterselo.

E’ la storia, secondo il resoconto dello stesso Lester, di un ‘colossale perdente‘?

Il quadro di una realtà perfetta prende a sgretolarsi con l’arrivo dei nuovi vicini. La prima volta che vediamo apparire Ricky Fitts sullo schermo ha tra le mani quello che potremmo definire la sua arma, o la sua anima. In ogni caso, il suo ‘marchio di fabbrica’: una telecamera.

E il suo, ce ne accorgiamo subito, è uno sguardo sgombro da equivoci. E’ l’unico, attraverso il filtro delle immagini rubate, a rivelare il senso di una realtà, altrimenti inesprimibile. Il sotto testo, al di là delle numerose – e vacue – parole spese, oltre il sovraccarico di ‘formalità’.

Con quel continuo rimando ad un passato che sa di rimpianto, poiché racconta di un mondo ‘pulito’, genuino, semplice… lontano. Il ‘come eravamo’, tuttavia, nel silenzio scava e riesce a ricavarsi uno spazio in cui urlare, ingombrante. Tuona, per Lester, attraverso l’incontro con Angela Hayes, compagna di scuola e coetanea di Jane. Ruggisce, per Carolyn, nell’approccio disinibito con Buddy Kane, proiezione traslata di quanto ella stessa ha fame di apparire. Si incarna, per Jane, per l’appunto, nel rapporto con Ricky.

Non c’è niente di peggio nelle vita, che essere una qualunque‘, recita Angela. A questa legge, ne segue, nell’immediato dopo, un’altra: ‘Tutto quello che deve accadere… capita, presto o tardi‘. Dunque, presto o tardi, succede. Succede che le attenzioni di Ricky, che all’inizio sembrano quasi infastidire Jane, finiscano per incuriosirla. E attirarla. Ma la seduzione non è artefatta.

Si veste come un rappresentante di Bibbie‘, commentano, al suo riguardo, le ragazze. ‘Ha un’aria così sicura… non può essere vero‘.

Ed è in questo punto che la visone del ‘vero’ si ribalta. Quale è, in realtà, la giusta prospettiva per afferrare l’universo? Quella di chi ha abdicato ai sogni di un’adolescenza naturalmente nutrita di desideri e aspettative o quella, invece, di chi, scevro da regole e rigidezze mentali, si propone fuori dagli schemi? Ricky, a ben guardare, riesce a cogliere ciò che gli altri non vedono. ‘Non sono ossessivo. Sono solo curioso‘, commenta di sé. E’ un sopravvissuto, del resto, sotto le ali un padre dispotico. Un fascista omofobo e violento, iracondo, eppure, come scopriremo in seguito, enormemente fragile. Ebbene, Ricky sa come… Ha imparato, suo malgrado, il modo per domarlo. Sa come placarne gli accenti… Unica possibilità questa – è evidente – per non soccombere.

In uno stato d’animo in cui l’estraniazione è difesa, ma al tempo stesso, presa di coscienza, Ricky decide di spogliarsi di sé. ‘ … tu hai paura di me. Vuoi vedere la cosa più bella che ho filmato?…‘ Ed eccola la verità, circoscritta in un monologo che, sul finire della pellicola, si ricollegherà ad un altro passaggio, altrettanto toccante.

La bellezza del sogno Americano è tutta qui. Nel richiamo ad un’espressione di sé avulsa da stereotipi, indirizzata verso la realizzazione piena di quel che arriva dalla pancia. Una necessità che, da questo momento in poi, comincerà a farsi sentire, per tutti.

A partire da adesso, nulla – in un precipitare di eventi – sarà più uguale a prima, seguendo l’inesorabile destino prefigurato, per ciascun protagonista, dalla mente di Adam Ball, responsabile della scrittura e di Sam Mendes, che ha curato, nel 1999, la regia di un film vincitore di ben 5 Premi Oscar, 3 Golden Globe e 6 Bafta: American Beauty.

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