Questo fuoco ‘non s’ha da fare’. Così tuonò il Presidente del Turkmenistan

Questo fuoco ‘non s’ha da fare’. Così tuonò il Presidente del Turkmenistan

Spegnete la porta dell’Inferno!‘ L’ordine, per voce del Presidente del Turkmenistan, arriva perentorio, come se ‘il male’ si potesse arrestare d’emblée. E sembra, un po’, di tornare indietro nel tempo, in quel lontano Medioevo, in cui lo specchio rappresentava ‘la porta del Diavolo’ e il belletto era tra gli strumenti preferiti dal Demonio. Come se Mefistofele amasse crearsi, al nostro cospetto, una serie di luoghi rifugio. Posti fisici, riconoscibili, evidenti. Accettati, nel più largo senso comune.

Così è, per questa sorta di cratere che, ininterrottamente e ormai da decenni, continua ad ardere. La cosa insolita è che è situato in pieno deserto. Quello del Karakum, per la precisione. Infuocato giorno e notte. Desiderio di prendere le distanze dai poteri occulti di Belzebù? Niente affatto. Qui la questione è di carattere meramente economico e, tutt’al più, ambientale. “Stiamo perdendo risorse naturali e il cratere danneggia la salute delle persone che ci vivono intorno“, si comunica dalle Alte Sfere.

E non si tratta neppure di una prima volta.

Già nel 2010 il Presidente Berdymukhamedov chiese agli esperti di trovare un modo per estinguere le fiamme. Allora, nulla da fare. Strano è che, ormai considerata una vera e propria attrazione per i turisti, situata a circa 260 Km a Nord della Capitale Ashgabatnon, dell’insolita e inquietante voragine non si riescano a definire le origini.

Secondo molti, la nascita risalirebbe al 1971, momento in cui gli scienziati sovietici erano in cerca di idrocarburi. Un incidente – pare, tuttavia – causò il collasso di una caverna di gas naturale, con la conseguente formazione di un cratere, di 70 metri di diametro. Per evitare che si diffondessero esalazioni velenose, gli studiosi decisero, quindi, di incendiare l’enorme buco. Procedura, peraltro, di routine, in casi di questo tipo. Qualcosa, però, evidentemente, non deve essere andata per il verso giusto.

Oggi il Presidente turkmeno ci riprova. “Potremmo farci profitti significativi e usarli per migliorare le condizioni di vita del nostro popolo”, ha dichiarato di recente, nell’ambito di un discorso televisivo. Così, a tutela degli abitanti della zona – il vicino villaggio di Derweze conta circa 350 persone – ha ordinato al Governo di trovare una soluzione e operare.

Pensare che, solo nel 2018, in prima persona aveva riconosciuto al sito enormi valori, tanto da soprannominarlo Lo splendore del Karakum.

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