Ultima chiamata: Ventotene

Ultima chiamata: Ventotene

Dalle coste della provincia di Latina è possibile intravedere un panorama, capace di indurre a sognare. Si tratta delle isole Pontine, mete indiscusse in qualsivoglia stagione, ancor più appetibili nel periodo che, dalla primavera, si protrae fino al levar dell’estate.

Tra i quattro atolli, quello che maggiormente seduce, per l’aspetto selvaggio e incontaminato, è Ventotene, tappa ideale, per chi è in cerca di tranquillità. Una location alla portata dei più, dalle acque limpide, tanto da guadagnarsi la medaglia di riserva naturale. Il fondale, dalle tonalità piuttosto scure, si caratterizza per le rocce basaltiche e quelle in tufo. E poi c’è quell’odore, di campo e di terra, con le canne, che sfociano fin sulla riva e che, cullate dal vento, coniugano la natura circostante in un unico discorso.

Un posto irrinunciabile per chi sogna relax, desideroso di staccare la spina, anche solo per una pausa limitata. Difatti, qui la vita scorre lentamente, distribuita tra litorale e campagna, oppure, per gli spiriti più avventurosi, nell’idea di visitare le terre appena limitrofe, altrettanto straordinarie.

Un luogo… a sud, tanto da ritenersi parte delle isole Flegree. Gli abitanti più longevi denunciano origini campane, persino nel dialetto e nella cucina.

Il porto, a cui fare riferimento per raggiungere Ventotene è situato a Formia (ma ci sono pure quelli di Terracina ed Anzio), al quale si giunge in macchina, oppure in treno. Il mezzo più gettonato per l’isola, invece, va da sé, è il traghetto, che impiega circa due ore, seguito a ruota dall’aliscafo, in grado di dimezzare i tempi.

  • Tra le prime attrazioni, sul posto, il porto romano, che vanta oltre 2000 anni. Vi si possono scorgere, ancora, gli antichi attracchi delle navi romane, ai quali sono ormeggiate le moderne imbarcazioni. Delle vestigia rimane anche la peschiera, che permetteva di miscelare acqua dolce e salata, al fine di attirare i pesci, che venivano allevati all’interno.

Era il sito in questione, tra l’altro, la residenza di esilio – spesso per ragioni politiche – per personalità eminenti. Tra i confinati celebri spicca il nome di Giulia, figlia di Augusto Ottaviano, della quale rimane tuttora la Villa Imperiale che porta il suo nome. A picco sul mare, su Punta Eolo, celebre promontorio, quest’ultima fu concepita, in un primo momento, come meta per la villeggiatura. Tuttavia, in breve, si trasformò in rifugio di famiglia, dalle cui terme si può ancora godere di un panorama mozzafiato.

Da Piazza Castello, tramite una piacevole passeggiata, si possono raggiungere le cisterne storiche di Villa Stefania (perfettamente conservata) e quella dei Detenuti. Quest’ultima, si distingue per i murales e graffiti, opera dei prigionieri, nel pieno del periodo borbonico.

  • Dal porto, è inoltre possibile prenotare le visite all’area marina protetta, ritrovo delle specie più rare: spugne scarlatte, che rivestono le pareti delle grotte; gorgonie, formazioni di calcare blu e viola, che sembrano coralli tropicali, corvine castagnole.

Durante le immersioni, non è raro imbattersi tra cernie e saraghi, mentre si nuota in un mare limpido, con tutte le sfumature del blu e dell’azzurro.

I fondali, peraltro, sono assai diversi tra di loro e si passa dai sabbiosi, con posidonia, a quelli più misteriosi e ricchi di anfratti. E, giacché sono numerosi i reperti dei relitti di navi romane, molti dei quali conservati presso il Museo Archeologico, l’area è catalogata come protetta. Vietata, quindi, la pesca e qualunque azione, votata ad alterare l’ambiente.

  • Volgendosi al paesaggio – lo accennavamo – è in gran parte roccioso. Non di meno, una tra le spiagge più rinomate è quella di Cala Nave, che ricava il nome proprio dalla forma, conferita da uno scoglio. Poco distanti, gli Scogli del faro, in cui trampolini naturali offrono l’opportunità per tuffi da brividi.

Cala Battaglia, pressoché incontaminata, è raggiungibile via mare, insieme a Parata Grande, altrettanto suggestiva. Gli amanti dello snorkeling non potranno esimersi, a loro volta, dall’esplorare i fondali, profondi 15 metri, di Punta Pascone, in sabbia lavica, nera; mentre raggiungendo la Secca dell’Archetto ci si imbatte in un tunnel subacqueo, abitato da spugne.

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