E, d’incanto, il comico si prese… Una boccata d’aria…

E, d’incanto, il comico si prese… Una boccata d’aria…

Certi stereotipi risultano ostici da abbattere o, semplicemente, da abbandonare. Non tanto per se stessi quanto, piuttosto, per quel che, nel nostro io più profondo, finiscono per rappresentare.

Così, ad esempio, nel momento in cui siamo soliti raffrontarci con un attore, considerandolo parte di un tutto, re-intrepretarlo sotto una luce differente non è affatto scontato. Capita, allora, che un Aldo Baio manifesti il desiderio di allontanarsi dal ruolo consueto in cui, di sovente, lo abbiamo visto e vissuto. Tenti, insomma, di liberarsi dei panni comici, in accompagno ai suoi colleghi di sempre (Giovanni e Giacomo) e, pur non intendendo rinnegare le personali radici, si cimenti in qualcosa di ‘diverso’.

Una sfida – magari e perché no? – principalmente con se stesso, nell’intenzione di dimostrare che, al di là della faccia di gomma, esiste molto di più.

E ci sta che non sempre convinca, che l’amarcord – per così dire – faccia capolino da dietro l’angolo, ma il bilancio – in linea di massima – è positivo.

Nel soggetto in questione, interpreta, il ‘nostro’, – per appunto – il personaggio di Salvo, proprietario di una pizzeria, in quel di Milano, sommerso dai debiti. Grattacapi, di cui non è al corrente la moglie, che lavora alla cassa; né il figlio, che lo aiuta al forno; né, tanto meno, la figlia, che studia in Olanda. Con la morte del padre, che non vedeva da lungo tempo, l’uomo spera in un lascito ed è perciò che decide di tornare in Sicilia, nella sua terra d’origine. Nell’idea, in qualche modo, di poter risolvere i problemi economici.

In effetti, insieme a suo fratello ha ereditato la casa, ma di venderla Lillo non ne vuole sapere. Del resto, i due neppure si parlano, per via di promesse non mantenute in gioventù. Se non che Salvo viene raggiunto, a sua insaputa, dalla famiglia, presupposto per mettere ordine nella vita di ognuno e risolvere le questioni in sospeso.

Fin qui, la trama. Se ne denuncia l’amore, nei confronti di un’isola che, in sfondo e da sempre, ci cattura tutti. Se ne evince, insieme, una sceneggiatura, a tratti poco convincente. Funzionano, d’altro canto, i protagonisti (a cominciare da Lucia Ocone, nei panni della moglie di Salvo) e la naturalezza con cui agiscono sul set.

Discorso a parte, infine, merita l’anello iniziale, nella quale l’uomo regala, ad un banchiere, un orologio che non potrebbe permettersi, per ingraziarselo. Gesto che gli si ritorce contro, con grande amarezza; scampolo di un girato che ci rammenta la regia dei grandi, ma da allora di anni – ahinoi! – ne sono trascorsi…

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