… ed anche Camden Town ha finito per indossare la cravatta

… ed anche Camden Town ha finito per indossare la cravatta

Era stata, prima, la volta di Notting Hill. Il quartiere, trasformatosi in una sorta di baraccopoli, pare non offrisse più alcuna attrattiva, tanto che, in pochi, erano ancora motivati ad acquistarvi dimora. Stessa sorte, poco più in là, per Brixton, spogliato della sua autentica identità: troppo pulito, troppo sicuro, troppo white.

Ora, giunge la notizia che, anche l’iconico Camden Market è in vendita e c’è già chi è pronto a leggere, nell’avvenimento, la fine di un’era. Il proprietario dell’enorme mercato in quel di Camden Town, dal canto suo, spera di raggiungere un accordo che gli faccia guadagnare almeno a 1,5 miliardi di sterline. Lui – tale Teddy Sagi, israeliano di origine – lo aveva acquistato nel 2014, per 400.000 sterline.

Si tratta, nel complesso, di 16 acri, ripartiti in varie aree, che comprendono oltre 1.000 bancarelle, bar, negozi e caffè e, per un certo periodo, persino l’inusitato Museo della Vagina. Vi si possono reperire cianfrusaglie, gioielli, ma anche grandi marche e alimenti, derivati dalla cucina di tutto il mondo.

Insomma, da deposito di legname fatiscente – nel lontano 1972 – il posto ha assunto le sembianze, via via, di meta turistica, regno di movimenti contro culturali che manifestavano, attraverso la presenza delle bancarelle, il personale ego. Bastavano anche solo 5 sterline, per acquistare i ‘tesori’ nascosti nella mischia – opere di bigiotteria e antiquariato, abiti usati e impolverati – testimonianza del fenomeno Punk, piuttosto che delle tendenze hippy.

Adesso, all’orizzonte si staglia la prospettiva di una gigantesca ruota panoramica, con tanto di parco a tema sotterraneo, a tre piani. Eppure, consultando il sito web si legge, nella descrizione: “nuova destinazione per commercianti al dettaglio, tempo libero e cibo“, che “riavvierà e ripristinerà il fascino caotico di Camden“.

La stragrande maggioranza delle persone oggi non viene qui per comprare nulla. E’ solo qualcosa, sulla lista dei desideri dei turisti“, spiega una commerciante di zona. Dunque, affinché le cose cambino, “un nuovo proprietario deve guardare ai commercianti che attirano i clienti, non offrire ‘attrazioni’ mal congegnate, che allontanano ulteriormente da ciò che è sempre stato e dovrebbe essere il nucleo di questo posto“.

La verità è che anche l’area londinese in questione segue, al seguito delle altre sopra citate, il processo di gentrificazione, tipico delle grandi metropoli. In maniera pressoché inevitabile ci si conduce, insomma, verso l’imborghesimento, a fronte di nuovi rioni, più periferici e underground.

Oggi è troppo igienizzato, troppo pulito. Era pieno di personaggi ed era all’avanguardia. Ora è come Covent Garden“, commenta un altro venditore, “Il nuovo proprietario deve ricordare perché questo posto era unico. Devono smettere di cercare di renderlo qualcosa che non è. Venivi qui se eri un po’ strano. Ti sentivi libero di avere capelli pazzi, di indossare quello che volevi ed essere te stesso. Ora, non così tanto“.

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