Dunque, è arrivato il D day

Dunque, è arrivato il D day

London Bridge is downIl ponte di Londra è caduto. Frase in codice, per avvisare della dipartita di sua Maestà. Ed ecco, subito dopo, avviarsi il piano, top secret, che regolamenta, nel dettaglio, le ore successive alla scomparsa della sovrana e il passaggio della corona all’erede diretto. Questo quanto, da prassi, aveva stabilito – a suo tempo – il Governo inglese, procedura, articolata e simbolica, da tenere pronta ‘sotto il cuscino’. E così è stato.

La Regina è morta in pace…”, recitava l’annuncio formale, rivolto al mondo, in attesa, sin dal pomeriggio. Eseguito e scritto, anch’esso, secondo gli schemi della tradizione. Ancora: “Il re Carlo e la regina consorte torneranno da Balmoral a Bukingam Palace…”.

Insomma, alle 19.31 di ieri, 8 settembre, è arrivato l’annuncio ufficiale della BBC e colei che, per tutti, ha rappresentato, per tanto tempo, una certezza, di più, “una roccia“, ha lasciato definitivamente il posto a chi, dinasticamente, aveva a seguirla. God save the King, allora, da questo momento, con tutto quel che ne consegue. Fermo restando che, per prendere il posto di Elisabetta II, di tempo ne occorrerà parecchio.

Per l’incoronazione della nostra, 26enne nel 1953, trascorsero, tra un passaggio e l’altro, 1 anno e 4 mesi. Un regno, tuttavia, longevo, saldo, sicuro come neppure quello della regina Vittoria, ripartito in 70 primavere. Baluardo, non solo della monarchia, ma dell’Inghilterra tutta.

Del resto, sono numerose le figure di potere, imponenti, storiche, passate al fianco di una donna, dall’attitude intramontabile. Si va da Churchill – giusto per citarne uno – a lungo, nel ruolo di Primo Ministro; a Truman, che reggeva la Casa Bianca, a Stalin, leader del Cremlino…

E potremmo continuare così per un bel po’, giacché Lei c’era, c’è sempre stata e raramente ha inciampato. Memorabile, l’affaire Diana, ma da quel 1997, di acqua sotto i ponti ne è passata e tutto, o quasi, sembra già dimenticato o, semmai, perdonato.

Rimane, invece, vivido, il senso della medesima tragedia collettiva e il pudore, solitamente caratteristico del popolo londinese, si perde via, travolto – insolitamente – dal desiderio di piangere, di lasciare scivolare, almeno in questa occasione, le lacrime, in virtù di qualcosa di prezioso che si è perso.

Adesso, dopo i passaggi di rito, sarà la volta di re Carlo III. Prima ancora, i funerali.

La bara della sovrana sarà condotta, in processione, fino al Palazzo di Westminster, dove rimarrà esposta per 23 ore al giorno, in attesa della cerimonia di Stato. Giornata, badate bene, non festiva.

Già predisposto, anche il piano successivo, Spring Tide, che regolerà le modalità dell’ascesa al trono di Carlo. Quest’ultimo, sarà dapprima impegnato in un tour del Paese. Il discorso alla nazione del nuovo Sovrano sarà trasmesso alle sei del pomeriggio, dopo un’udienza con la Prima Ministra.

Tutto stabilito, in sintesi. Tutto formalizzato, dalla bandiera alzata amezz’asta alle comunicazioni da trasmettersi, anche queste, secondo la dovuta gerarchia e seguendo un disegno preciso. Tutto in ordine, ieratico, come se nulla si stesse muovendo. Invece, tutto si muove e velocemente. A Corte cambieranno i ruoli, le cariche; avverrà, in sintesi, una piccola rivoluzione tra i titoli nobiliari.

Tutto, stavolta, senza di Lei a sorvegliare, a badare che non avvengano intoppi, a sistemare le eventuali magagne. C’era, per tutti gli Inglesi. C’è sempre stata. Ora, stanca, forse, ha preferito seguire il Principe Filippo.

A noi, non resta che salutarla con l’ultimo, doveroso, inchino e ringraziarla, soprattutto, per l’esempio che ha scelto di rappresentare.

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