L’educazione vien… mangiando

L’educazione vien… mangiando

Apprendere giocando che, forse, rappresenta la formula più efficace per arrivare all’obiettivo, senza neppure dover faticare eccessivamente. Concetto, che può allargarsi a tutto raggio, persino se si tratta di mangiare. I bambini, in questo modo, vengono stimolati nella curiosità e si rivelano pronti a sperimentare, anche quando hanno a che fare con gusti sconosciuti. Un’avventura per il palato, insomma, da vivere, all’insegna del sorriso.

E’ su tali basi, a stretto braccio con la dimensione scuola, che si muove Giocampus, progetto educativo, attivo a Parma da 20 anni e nato da una collaborazione pubblico-privato promossa, tra gli altri, da Barilla. “Il cibo è gioia e la gioia è piacere ma anche conoscenza, specie per il bambino. A tavola, tutti i cinque sensi sono coinvolti e giocano un ruolo importante, dal palato alla vista; ma le scelte alimentari sono anche strettamente legate alla cultura“. Così spiegano gli esperti del settore.

All’interno dei laboratori e dei corsi di nutrizione si promuove la diffusione di un messaggio fondamentale: quel che è buono da mangiare è anche buono da pensare e la pasta è un chiaro esempio di come si possano conciliare esigenze sensoriali e nutrizionali, in un unico piatto. L’approccio… prevede l’insegnamento dell’educazione alimentare su basi scientifiche, attraverso il metodo del learning by doing, rendendo l’apprendimento stesso un gioco. In questo modo si contribuisce alla nascita di una nuova generazione di cittadini, meglio istruiti su stili di vita, atti a promuovere la salute“. 

D’altronde, la scienza ha dimostrato che il gusto si forma prima ancora della nascita, influenzato dall’alimentazione della mamma, in gravidanza. Senso, quest’ultimo, che si evolve nel corso della vita e che è importante formare gradualmente, accompagnandolo, fin dallo svezzamento. Non è raro, difatti, che un rapporto difficile con il cibo tragga origine proprio nei primi, cruciali, anni di vita. 

Se il piacere di mangiare in maniera sana, poi, si impara a scuola; a casa lo si esercita. Perciò, medici e addetti in merito invitano i genitori a dare il buon esempio. Per tale ragione, si è ideata “un’App, che propone ricette bilanciate, in base a quanto consumato, a mensa, dal bambino“. Ogni sera, in sintesi, è possibile fare riferimento a tre diversi menù e sette colazioni e merende diverse, che consentano di variare ogni giorno. “Si tratta – in sintesi – di un modello educativo, innovativo ed esperienziale, basato sull’eccellenza della ricerca scientifica universitaria e rivolto ad individui, ma anche aziende ed istituzioni, che desiderino attuare specifici progetti formativi, in ambito food“. 

A quanto sopra, si aggiungono, poi, i dati, relativi ad una recente indagine, condotta da Nomisma. Vi è dimostrato che il buon cibo ha – tra l’altro – la capacità di migliorare l’umore. Per il 66% dei nostri connazionali rappresenta, soprattutto, fonte di piacere, soddisfazione, felicità. Ciò, grazie ad un meccanismo, nel cervello, che stabilisce una comunicazione diretta fra i centri che controllano la visione e quelli che regolano l’appetito. “È scientificamente provato che mangiamo – prima di tutto – con gli occhi… “. 

Ulteriori elementi, al riguardo, li ha forniti, di recente, lo studio Food color is in the eye of the beholder: The role of human trichromatic vision in food evaluation, durante il quale un gruppo selezionato di persone ha dovuto valutare il cibo, in base proprio alla tinta. Dall’esperimento è emerso che tutto quel che è rosso è ritenuto a più alto contenuto calorico. Diversamente, il verde viene associato al concetto di ‘leggero’.

Una battaglia, per così dire, all’ultimo morso, contesa, mai vinta, tra nutriente e salutare.

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