Quel vetusto di un… Colosseo

Quel vetusto di un… Colosseo

Della serie ‘stupite gente’, a fronte di già tante poche certezze, l’ultimo cambio di rotta riguarda, in ordine di tempo, il Colosseo. E, con ciò, intendiamo dire il simbolo, per antonomasia, di Roma antica. Ebbene, non sarebbe stato costruito durante il dominio della dinastia Flavia, nel I secolo dopo Cristo, bensì con cento anni di anticipo. VespasianoTito e Dominiziano avrebbero, in sostanza, solo completato l’opera, restaurandone alcune parti e integrandone il progetto.

Teoria, questa, ad opera dello studioso tedesco Klaus Stefan Freyberger, riportata, di recente da Il Fatto Quotidiano e in fase di pubblicazione, sulla rivista scientifica Römische Historishe Mitteilungen, dell’Istituto Austriaco di Roma. Stando all’esperto, dunque, i Flavi avrebbero integrato l’anfiteatro di Statilio Tauro “citato dagli autori antichi ma mai individuato“.

Per chi, di queste faccende, ne mastica, se avesse ragione lo studioso “sarebbe una rivoluzione per tutta la topografia dell’area archeologica centrale e, in generale, per la Roma che fu“. Di fatto, le fonti, considerate – finora – valide e attendibili testimoniano altro. “Tacito e Svetonio raccontano, con molti dettagli, dell’esistenza di un grande lago, lo ‘Stagnum Neronis‘, che era il perno della Domus aurea. Entrambi questi importanti scrittori descrivono… – (l’una e l’altro) – nel dettaglio ed è strano che non facciano mai cenno a una preesistenza così significativa come l’anfiteatro…, notoriamente collocato nel Campo Marzio“.

Dubbio, questo, che ne contempera altri. Non sarebbe possibile, infatti, che i primi tre ordini di arcate del Colosseo, così come le vediamo oggi, siano frutto di un restauro. Ai Flavi si dovrebbe, in pratica, unicamente la costruzione dell’attico. “Recenti lavori… hanno confermato che… è di età severiana ed è frutto di un rifacimento, avvenuto dopo l’incendio del 217 dopo Cristo; quindi, sotto Macrino“.

Questione di tempi – e non solo – che non tornano, pertanto. Rimane intatta, tuttavia, la fascinazione. I luoghi della Capitale continuano ad interessare. Di più, a far breccia nel cuore di chi, al passato, non sa rinunciare. A chi, anzi, attraverso le ‘cose di ieri’ intravede la chiave per interpretare il presente.

Del resto, cento anni possono sembrare pochi ma, nella storia di un popolo, costituiscono un tempo infinito. Riempito – o svuotato – a seconda dei casi, delle sue significazioni più profonde. E scoprire cosa è vero e cosa è solo suggestione è l’unico modo per riappropriarsi di quel che più strettamente ci appartiene: le nostre radici, quel che siamo stati, in attesa di curiosare verso il domani, ancora tutto da scrivere.

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