Il tempo in cui Hitler rubò il Natale

Il tempo in cui Hitler rubò il Natale

Tanto sappiamo delle idee nazionalsocialiste in Germania; molto ci ha insegnato la storia, accessoriata di tutta una serie di fatti che, per parecchi, rimangono permeati nella mente e tra i ricordi. Conosciamo, ed esempio, il valore dell’enorme trasformazione, politica e culturale, che avvenne nella prima metà dello scorso secolo. Abbiamo ripetutamente sentito parlare del carattere criminale e omicida del regime Nazista, eppure sono ancora in gran quantità gli elementi che ci sfuggono.

Non ultimo, il tentativo di ridefinire il Natale. La stagione delle feste – stando ai gerarchi – rappresentava unicamente una fantasia… da abolire. Di qui, l’idea di reiventarlo, trasformandolo in una celebrazione neopagana, arredata di simbolismi reazionari e propaganda antisemita, con al bando – se possibile – la figura di Cristo.

Passo dopo passo…

Se già, le prime tracce, risalgono al 1914, neppure sette anni dopo, in una birreria di Monaco, lo stesso Hitler, appena nominato leader del partito, pronunciava un discorso, davanti a 4.000 sostenitori. Condannava, in sintesi, “i vili ebrei, per aver spezzato il liberatore del mondo sulla Croce” e giurò di “non riposare, finché gli ebrei… non giaceranno a terra, distrutti“.

Quando, poi, raggiunse il potere, nel 1933, si tentò apertamente di bandire la commemorazione. Vera e propria sfida, in un paese devotamente cristiano, patria di ferventi tradizioni cattoliche. Del resto, la nascita del Messia andava contro il nucleo dell’ideologia.

Pertanto, se alla radice non poteva essere eliminato, bisognava, per lo meno, sabotarne le fondamenta. Così, in principio, si pensò di ‘inglobarlo’. I funzionari promuovevano le ricorrenze stagionali e apparivano – addirittura – accanto a Maria e Giuseppe, nelle rievocazioni della Natività.

In seguito, venne istituita la campagna annuale Winterhilfwerke, una raccolta di donazioni, per aiutare a finanziare le opere di beneficenza supervisionate dal National Socialist People’s Welfare (NSV). I membri più poveri della società venivano, in pratica, beneficiati dei doni dei più caritatevoli e, per lo scopo, ossia per raccogliere il denaro, furono arruolati migliaia di giovani. Confezionavano, a mano, i regali.

Il convincimento di massa

Non solo, tra i compiti assegnati al Reichsarbeitsdienst (Servizio del Lavoro del Reich) rientrava anche la creazione di giocattoli. Un modo, pure, per manipolare e soggiogare i più piccoli. Doni, distribuiti, in segno di lealtà, persino ai dirigenti di partito. Una manovra, nell’insieme, per offuscare le idee, per mischiare le carte, insomma e mimetizzare la creazione di una piattaforma comunicativa, incastonandola sotto l’aura dell’Albero addobbato.

Tuttavia, il vasto programma di benessere invernale non riuscì a distogliere l’attenzione dal senso più profondo dell’avvenimento. Pertanto, si passò a misure ancora più convincenti.

La mistificazione

Si operò, affinché assumesse credito la notizia che il Natale fosse, in realtà, radicato nei trascorsi pagani della Germania e che, originariamente, celebrasse la presunta eredità della razza ariana. Si propose, tra l’altro, di spostare la data del Natale al solstizio d’inverno e di ridefinire San Nicola nel ruolo di Wotan (Odino), l’antica divinità germanica.

Tra le varie sfrontatezze, la scelta di modificare le parole del popolare ‘Silent Night‘, in modo che, nel canto, fosse sottratto qualsiasi riferimento a Dio, a Cristo o, in generale, alla religione. La prima strofa – per chi non lo sapesse – divenne – anzi – un inno di lode a Hitler. Nelle case, le decorazioni dell’albero furono sostituite. Al loro posto, tra l’oggettistica, figurava spesso un’aquila, che stringeva una svastica.

Non meno presente – e ingombrante – era la presenza del Führer . L’immagine del suo busto fu riprodotta come gingillo, da appendere in bella mostra, proprio sull’Abete di famiglia. Al posto della stella, poi, lo si incoronava con una svastica scintillante. Grande affare, l’intera commercializzazione, per pubblicitari e i produttori.

Nel frattempo, i soldati, sul campo, festeggiavano come potevano.

Il passo indietro

Più in là quando, nel 1944, la Germania perse la guerra, gli sforzi delle gerarchie, in tal direzione, si fecero più labili. Le casalinghe smisero di preparare biscotti a forma di svastica, come era loro abitudine e ripristinarono l’usanza delle più modeste merendine di pan di zenzero, appartenute ai costumi di un tempo.

Sopravvisse invece – unica superstite – alla disfatta del Terzo Reich, la Notte eccelsa delle stelle chiare (Hohe Nacht der klaren Sterne), di Hans Baumann. Il brano, bandito nel 1945, veniva puntualmente intonato fuori e dentro le abitazioni, fino al giro di boa degli Cinquanta.

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