Kaleidoscope: adesso ‘si gioca’ con le serie tv

Kaleidoscope: adesso ‘si gioca’ con le serie tv

C’è miniserie e miniserie… e ci sono, pure, vere e proprie – anche se piccole – rivoluzioni, sorta di messa in discussione del concetto di intrattenimento moderno. Progetti ambiziosi, come quello, ad esempio, che riguarda Kaleidoscope, mirato a travalicare l’univocità di punti di vista e opinioni; intento a sfuggire – pure – ad ogni possibile chiave di lettura manichea del mondo che contiene.

La trama trae spunto dall’uragano Sandy, che dieci anni fa travolse New York. Ebbene, tra le numerose conseguenze, oltre le 150 vittime, anche settanta miliardi di dollari in obbligazioni, letteralmente volatilizzati dai caveau della Depository Trust and Clearing Corporation, a causa – almeno in apparenza – dell’allagamento.

Dunque, da qui si parte, per una costruzione, gigantesca e perennemente in movimento, caratterizzata da otto colori – tanti, quanti sono gli episodi – a comporre, ciascuno, il tassello di un puzzle da decifrare, scomporre, o meglio, ricomporre, secondo la cifra personale dello spettatore.

Eric Garcia, showrunner, già autore di Repo Men e Strange but True dà, in questo modo, il via a ben sette capitoli, ad eccezione del Bianco, che riguarda la conclusione della vicenda, da ricollocare a proprio modo, seguendo l’ordine cronologico che più si preferisce.

Protagonista – un po’ come già accadeva ne La casa di Carta – una banda di rapinatori. Un assemblaggio imperfetto di individui alla ricerca di riscatto, decisa a mettere le mani su una fortuna. I 70 miliardi di dollari sono, d’altronde, custoditi all’interno di uno tra i caveau più impenetrabili della terra, situato al centro dell’isola di Manhattan. Un’impresa, insomma, dalle premesse pressoché impossibili, tentata da una serie di personaggi, a loro volta, ambigui, misteriosi, dalla lettura molteplice.

Ciò che cattura, nel susseguirsi delle scene è, tuttavia, il viaggio narrativo, camaleontico e imprevedibile, caratterizzato da un ritmo sincopato, anche quando pare seguire le vie più canoniche. Come assistere – sorpresi, curiosi, rapiti – alla suggestione di un gioco di prestigio, in cui l’oggetto del comune interesse cambia volto, in continuazione; toglie e regala certezze, padrone, in tal senso, il libero arbitrio di chi assiste alle diverse puntate.

Non del tutto una novità, a guardar bene, dal momento che l’idea era precedentemente stata sfruttata in Black Mirror Bandersnatch e Unbreakable Kimmy Schmidt, ma qui l’asticella si alza, ulteriormente; aumenta la complessità e, con essa, il quadro si disegna decisamente sofisticato. Chi ha voluto spendere tempo a fare i dovuti conti, ha testimoniato di un totale di 5.040 combinazioni possibili. Un universo incrociato, che non perde occasione di strizzare l’occhio neppure a cult iconici come la saga di Ocean, La Stangata, Una Calibro 20 per lo Specialista.

Non un opera derivata, tuttavia. La mission è assai più vasta. Ci si connette financo al noir e al revenge movie, così come al film carcerario e al thriller, ripercorrendo una carrellata di generi; mentre si riscrivono le linee spazio/temporali su cui, solitamente, si reggono cinema e serie tv. In tutto, si coprono, infatti, 25 anni di storia, proposti – stando a quanto accennato – senza un vero ordine di continuità. Si vengono, pertanto, a modificare, lettura e definizione dei vari personaggi; se ne sovverte la narrazione, l’evoluzione, suggerendo interrogativi altri, scompaginando carte, potenzialmente già evidenti. Il concetto di causa-effetto lascia, invece, il posto, ad una produzione che, anche a livello estetico, rappresenta qualcosa di unico.

Del resto fotografi, montaggio, regia… ogni ambito, selezionatissimo, fa il suo e contribuisce alla nervatura di un resoconto, volutamente anticonformista. Il messaggio, dietro? C’è la critica, palese, al neo-capitalismo; quella all’ingordigia, al consumismo; ma in Kaleidoscope non esistono buoni e cattivi.

Lo specchio, come d’uopo, si fa forza della sua doppia faccia. Da una parte c’è la verità, al di là l’inganno e, al centro, un che di inafferrabile, sospeso tra menzogna e realtà, ma complicato da decifrare e nebuloso, esattamente come accade nella vita.

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