Per Carnevale, organizzo un Festa memorabile…

Per Carnevale, organizzo un Festa memorabile…

Stravaganti, luculliane, cariche di intrattenimento e ricche, soprattutto, di bevande. Stiamo parlando di veri e propri baccanali, che si tenevano nel periodo medievale, nel momento in cui si decideva di fare festa. La stessa che, desiderandolo, potremmo organizzare noi, oggi, in virtù del Carnevale in arrivo.

Era un modo, allora, per coinvolgere nobili e plebei; persino i servi potevano prenderne parte, mangiando e bevendo in abbondanza. Banchetti, allestiti con tutte le discriminanti del caso.

Del resto, si trattava di eventi sontuosi, che sottostavano a regole ben precise, diverse, a seconda della provenienza. Così, in Francia meridionale si seguivano i comandamenti spagnoli; in Bretagna quelli francesi… e così via. Alcuni tratti, tuttavia, rimanevano comuni ovunque.

Tanto per cominciare, l’orario di inizio, vale a dire le 12.00. Potevano protrarsi, poi – almeno su carta – all’infinito. Inviti, validi ‘a largo raggio’ e consegnati ‘di persona’. La distinzione gerarchica era determinata – fatto noto a chiunque – dalla posizione in cui ci si accomodava, più o meno vicina al padrone di casa e dalla seduta, più o meno comoda.

Per quel che concerne le posate, abbandonate – volendo replicare il tema – le forchette: non esistevano ancora. Munitevi, piuttosto, nell’idea di emulare l’esempio, di cucchiai e coltelli in legno, scodelle, tazze in peltro, argento o oro, se siete in vena di esagerare.

Il tavolo – a sua volta – era posizionato in modo tale che gli ospiti di prim’ordine avessero una visione il più possibile chiara dell’intera stanza. Talvolta, a tale scopo, veniva collocata una piattaforma o, in alternativa, pensata una configurazione strategica, con appoggi perpendicolari a quello della Signoria. Posti, disposti come in una mensa, per poter, al meglio, condividere le gioie del pasto.

Secondo Etichetta, tuttavia, ci si sedeva o si iniziava a desinare ‘solo’ dopo l’ospite principale. Così, pure, ci si alzava, qualora quest’ultimo avesse fatto altrettanto. Va da sé, è da qui che si partiva, nel servire, per poi procedere.

Portate leggere, seguite da altre, via via più pesanti. Si andava da una media di tre, in Inghilterra, ad una di sette, in Francia. E, sul finire, qualcosa che favorisse la digestione. Si partiva, pertanto, da verdura e frutta locali. Nelle aree mediterranee, uva e olive per esempio. Più a nord, invece, si prediligevano mele e noci (a volte zuccherate). Si passava, poi, ad agnello, cinghiale, manzo. Di tanto in tanto, cervo, coniglio e altra selvaggina. Immancabile, la carne bianca: polli, galline, oche, cigni, galli cedroni e pavoni.

Sì agli arrosti, ma erano altrettanto comuni minestre e stufati, da presentare accanto alla focaccia.

Riferendoci ai dessert, non ci si può esimere dal citare mandorle e formaggi, ricoperti di zucchero o miele, innaffiati con sidro e vin brulè

Dunque, tutti si attivavano, per la preparazione di una circostanza, che sarebbe dovuta rimanere memorabile. All’opera venivano chiamati macellai, cuochi, intagliatori di carne e servizio ai tavoli. Un vero e proprio catering ante litteram.

Tanto sidro o birra, vino o – tutt’al più brandy. Poca acqua, invece; niente tè o caffè, al tempo inesistenti. E, nel tanto che si beveva, gli spiedi giravano, incessanti, arrostendo maiali interi, maialini da latte e altri grossi tagli di carne a fuoco vivo. Non mancavano, a complemento, le verdure; da quelle a foglia verde ai cavoli, oltre a diversi tipi di fagioli. Per quanto riguarda la frutta, abbondavano uva e mele, in relazione al territorio.

I cibi preferiti? Cambiavano, da regione a regione. Così, erano sovente presenti olio d’oliva e aceto di vino, bianco e rosso. Uva, fichi e melograno erano forieri di fortuna, in quanto al formaggio di capra, beh, era pressoché immancabile, nelle zone del Mediterraneo. Diversamente, più a settentrione la facevano da padrone birra e aceto di sidro; ancora, burro e strutto, mele e pere, formaggio di latte di vacca e di pecora.

Carne tagliata a pezzetti, pane ricavato da farina finemente macinata, dalle forme più inconsuete stavano a rappresentare, tra le altre cose, la potenza e le capacità economiche di chi organizzava. Erano, in qualche modo, uno status symbol, identificabile anche dall’uso, decorativo e non solo, di zafferano e curcuma. Spezie, dal colore fortemente evocativo. Gli avanzi? In bando agli spechi, venivano lasciati ai servitori o a quanti, nel totale, aiutavano nell’allestire la serata.

Sia ben chiaro, raramente erano presenti donne. Si discuteva, spesso, di affari politici, che rendevano poco attraente la conversazione. Ciò non di meno, poteva capitare.

Sulle pareti, in forma di arredo, arazzi. Contribuivano ad una migliore acustica, maggior comfort termico e proteggevano dagli schizzi di bevande.

Una volta lontani dal desco, erano d’obbligo i divertimenti. Tornei e cacce, giochi, balli e tanta musica, per mano dei menestrelli rendevano allegro questo ed infiniti altri avvenimenti.

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