19 marzo: San Giuseppe Frittellaro si festeggia così

19 marzo: San Giuseppe Frittellaro si festeggia così

La conosciamo come la Festa del Papà eppure, come in molti sanno, la data del 19 marzo rappresenta anche, in quel della Capitale, il giorno dedicato a San Giuseppe Frittellaro, antica ed irrinunciabile tradizione Capitolina, arredata dalla consuetudine all’assaggio dei rinomati bignè.

Andiamo con ordine. Se la tradizione cattolica festeggia lo sposo di Maria, nonché padre putativo di Gesù, individuato dalla Chiesa come santo protettore dei poveri, delle famiglie, dei padri di famiglia, dei carpentieri, degli ebanisti, dei falegnami, degli artigiani e degli operai, per farsi un’idea più completa della ricorrenza occorre ricercarne le radici, assai più addietro, nel cuore del paganesimo.

Sovrapposizione tra i Lupercalia (riti di purificazione agraria) e i Liberalia (riti di celebrazione della fecondità, in attesa dell’equinozio di primavera). Appuntamenti, questi ultimi, caratteristici dell’antica Roma, in cui era comune usanza bruciare i residui del raccolto dell’anno precedente, per mezzo di falò che, tutt’ora, permangono in molte tradizioni rurali. Si preparavano, in accompagno, deliziose frittelle, poi evolutesi, appunto, nelle più moderne paste.

Da qui, l’attribuzione del nome.

A tenere vive, tutt’oggi, le abitudini di un tempo, ha provveduto la Confraternita di San Giuseppe dei Falegnami che, alla fine del ‘500, aveva fatto costruire l’omonima chiesa presso il Foro Romano, per opera dell’architetto Giacomo della Porta.

Divenne, questo, il fulcro di un rito, che si ripeteva puntualmente. Veniva organizzata una Messa solenne con, a seguire, grandi mangiate di fritti, fatti al momento nei calderoni degli ambulanti. Da qui, probabilmente, il soprannome tanto noto, rifacendosi alla leggenda secondo la quale, durante l’esilio in Egitto, il Santo avrebbe svolto anche l’attività di pasticciere di strada.

Non solo, nel quartiere Trionfale, a due passi dal Vaticano, si tiene ad accreditare un valore ancor più grande all’occasione. La processione, dalla Basilica, è tuttora solita terminare sotto la statua di San Giuseppe. Qui, come per magia, si passa alla degustazione, imprescindibile.

Nel 1950, poi, il poeta Checco Durante mise a punto una poesia-preghiera in romanesco, ennesima manifestazione d’amore da parte dei romani, nei confronti di un Santo e di una ricorrenza, ai quali si sono sempre sentiti legatissimi.

Eccone uno spunto:

San Giuseppe frittellaro,

tanto bono e tanto caro,

tu che sei così potente

da aiutà la pòra gente,

tutti pieni de speranza

te spedimo quest’istanza.

Fa sparì da su ‘sta tera

chi desidera la guera;

fa venì l’era beata

che la gente affratellata

da la pace e dal lavoro

nun se scannino tra loro.

Fa che er popolo italiano

ciabbia er pane quotidiano

fatto solo de farina

senza ceci ne saggina…”

La versione completa

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