Ludwig van Beethoven e quel suo dna, così illuminante

Ludwig van Beethoven e quel suo dna, così illuminante

Potere della scienza, cosa ci può rivelare la mappa del dna di Ludwig van Beethoven?

MERITO DEI CAPELLI

Partiamo dall’inizio: il dato è stato sequenziato, per la prima volta, dopo due secoli, a partire da alcune ciocche di capelli, che risalgono agli ultimi 7 anni di vita del compositore e a quest’ultimo vengono oramai attribuite, con un ampio margine di sicurezza. Non banale a dirsi giacché, i ricercatori hanno condotto test di autenticazione su otto campioni, provenienti da collezioni pubbliche e private del Regno Unito, dell’Europa e degli Stati Uniti.

RISPOSTE ATTESE DA TANTO

L’analisi, pubblicata sulla rivista Current Biology da un team internazionale guidato dal tedesco Max Planck Institute e dalla britannica Università di Cambridge, indica che la morte precoce (56 anni) del genio della musica, avvenuta nel 1827, sia da attribuire all’epatite B, in accordo al consumo di alcol

Dallo studio è emerso, inoltre, che il cromosoma Y del pianista tedesco non corrisponde a quello di nessuno dei suoi cinque attuali discendenti che, con il nostro, condividono un comune antenato, per via paterna. Ciò indica che, in un momento non ben identificato, nel corso delle sette generazioni successive, deve essere avvenuto almeno un concepimento extra-coniugale, dopo la nascita di tale Hendrik van Beethoven, nel 1572.

TEORIE NON SEMPRE VERITIERE

Fin qui, elementi alla mano, parlano i fatti. In effetti, tuttavia, obiettivo della ricerca era far luce sui problemi di salute di Beethoven che, notoriamente, includono la progressiva perdita dell’udito ed i cronici disturbi gastrointestinali. Storia vuole che nel 1821, in particolare, il compositore ebbe ben due attacchi di ittero, sintomo di una malattia del fegato. Non a caso, la cirrosi è stata a lungo vista come la causa più probabile della sua morte.

Gli esperti non sono stati in grado di trovare una spiegazione definitiva per la sordità e il resto, ma i fattori di rischio scoperti confermano le ipotesi, finora accreditate. Escluse, per contro, una serie di altre supposizioni, tra cui la celiachia, l’intolleranza al lattosio e la sindrome dell’intestino irritabile, per le quali è stato valutato un certo grado di protezione genetica.

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