Porque: storia di un Papa che volle farsi Re

Porque: storia di un Papa che volle farsi Re

La storia di ciascuno di noi è già scritta? Chissà… magari, per alcuni, sì; giacché se, per caso, si intrufolano nel cammino sbagliato, ciò che ne deriva è un racconto distorto, distonico, controverso.

Tale è, per Benedetto IX, pontefice corrotto fino al midollo, tra i più discussi in assoluto. Era, quest’ultimo, appena adolescente, quando gli venne affidata la reggenza della Santa Sede. Totalmente inadatto al ruolo riservatogli, brillò per la condotta vergognosa e il completo disprezzo per l’istituzione che rappresentava.

Una discrasia, se si pensa che, nonostante la tenuta empia, occupò la carica per ben tre volte.

Teofilatto di Tuscolo – questo il nome, alla nascita – erede di una stirpe di Papi, era nipote, nell’ordine, di Benedetto VIII e del suo immediato successore, Giovanni XIX. A suo carico, dunque, senza troppo tergiversare, si pensò di scegliere la carriera monastica, a cui il ragazzo, evidentemente, non era preparato, né predisposto. Decisione, assunta dalla potente famiglia d’appartenenza, i Tusculani, secondo i costumi di allora e portata a compimento, a sua volta, tramite una serie di atti scempi e tentativi – chiaramente riusciti – di corruzione.

Dunque, il più giovane patriarca di sempre (aveva, al momento dell’elezione, solo 12 anni), fece subito parlare di sé. La condotta, anticonvenzionale, si estendeva ad esplosioni di violenza e sfrenata immoralità. La dubbia baldoria, sotto il tetto del Palazzo del Laterano era, per molti, argomento all’ordine del giorno. Ciò premesso, non lascia certo sorpresi la lunga lista di nemici, assemblati nel tempo, tutti costernati e disgustati, per via della dissolutezza di un uomo, accusato addirittura di frequentare il Demonio.

Né meraviglia, la volontà dei detrattori più acerrimi, di eliminarlo. Piano sventato… da un’Eclissi. Con la Basilica avvolta nell’ombra, infatti, il Papa riuscì a dileguarsi.

Del resto, ritenuto altamente inadatto alla Cattedra di San Pietro, fu presto sostituito da Silvestro III. Narrazione agli sgoccioli? Niente affatto. Benché caduto in disgrazia, il nostro conservava ancora numerose frecce al suo arco e lo dimostrò, nel giro di poche settimane, riprendendosi… tutto; con tanto di scomunica, nei confronti di quanti, capi ecclesiastici, avevano osato osteggiarlo.

Poi, di punto in bianco e con la rapidità che lo contraddistingueva, stabilì che era ora di lasciare il posto ad altri. Nel 1045, vendette – ulteriore atto di tradimento – il papato al padrino, Giovanni Graziano, sacerdote romano che, in cambio, mise a sua disposizione una cospicua pensione. Graziano divenne, successivamente, papa Gregorio VI.

Ancora in questa circostanza, tuttavia, dietro l’angolo, stava zitta zitta, appostata, la svolta…

L’anno successivo, in una trama degna delle saghe più avvincenti, sia Benedetto sia Silvestro tornarono a Roma, ciascuno reclamando il proprio trono. Ambedue, fomentando chiacchiere di ogni genere.

Il 10 dicembre 1046, l’imperatore del Sacro Romano Impero Enrico III presiedette il Concilio di Sutri, convocato per regolare definitivamente il disordine che avvolgeva il papato. Nessuno, fra i tre aspiranti allo Scranno, ne uscì vincitore. Fu insediato, invece, il vescovo sassone Suidger di Bamberga, conosciuto come papa Clemente II.

Inutile ribadire che, dal nuovo arrivato, ci si aspettavano grandi cose. Eppure, a meno di un anno dal giuramento, il neo eletto morì. Non mancò chi parlò di avvelenamento. Fatto sta, il posto – ambitissimo – era nuovamente vacante e Benedetto… non volle perdere il treno che lo conduceva, per la terza battuta, in quel di Roma.

A suo carico pendeva – c’è da ricordarlo – l’accusa di simonia. In più, la predilezione per la magia nera, l’indulgenza alla lascivia, la cupidigia per il denaro non gli attiravano davvero sguardi favorevoli. Enrico III, al limite della sopportazione, ne autorizzò – quindi – nuovamente l’allontanamento.

Il 17 luglio 1048 Bonifacio di Toscana, al soldo del sovrano fece… ciò che ci si attendeva. Benedetto fu bandito dalla Città eterna. La spina nel fianco era oramai estirpata, sostituita dal vescovo bavarese Poppo di Bressanone, al secolo Damaso II. Un regno fuggevole, il suo, che si interruppe bruscamente il 9 agosto dello stesso anno. Avvelenato? Le illazioni si rincorsero e raggiunsero, ovviamente, anche l’esiliato il quale, dal canto suo, pare terminasse i giorni nella cittadina di Grottaferrata. Presso l’abbazia – si dice – vivesse come penitente, nell’anno 1055/56. Non a caso, si ipotizza che le catacombe sottostanti siano custodi delle spoglie mortali dello scomunicato.

Resta, insomma, al riguardo, un fitto alone di mistero. Rimane, pure, viva come non mai, l’effigie di – come qualcuno volle definirlo – “un demone dell’inferno, travestito da prete“. Iconica figura, affascinante e ammaliatrice, a stretto braccio, come spesso accade, con sua malvagità.

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