Vasa: storia di un galeone ambizioso e dei suoi numerosi segreti

Vasa: storia di un galeone ambizioso e dei suoi numerosi segreti

Chiudete gli occhi, anche solo per un istante. Riapriteli, ora ed immaginate di trovarvi nel 1628, in quel di Stoccolma. Catapultati a ritroso nel tempo, avete modo di assistere ad un accadimento che, senza dubbio, allora fece molto scalpore e che, ancora oggi, ci lascia in consegna parecchi dubbi.

In fase di viaggio inaugurale, accadde che il galeone Vasa affondasse, ad appena 120 metri dalla costa. Una vicenda sfortunata, divenuta famosa a livello internazionale. Fatto sta, re Gustavo II Adolfo di Svezia aveva reso complicata la costruzione dell’imbarcazione, annettendo una serie di richieste che, poco o nulla, tenevano da conto le possibili conseguenze, a livello di sicurezza e stabilità della struttura.

In data 10 agosto, pertanto, furono issate le vele. Ebbene, bastò una folata di vento, perché inclinatosi lo scafo, iniziasse ad imbarcare acqua, attraverso i portelli dei cannoni. Conclusione: la nave si inabissò, in un batter d’occhio e, se in molti si salvarono, per altri non ci fu nulla da fare.

Adesso, a 333 anni di distanza, quel che resta del reperto storico è ancora perfettamente conservato e fa bella mostra di sé, presso la capitale svedese. Da tempo, tuttavia, si discuteva riguardo al sesso di uno scheletro, presente nella lista delle 30 persone annegate. Non erano stati rintracciati, nel suo patrimonio genetico, cromosomi Y, caratteristici degli organismi maschili.

Dunque, mistero nel mistero, pare si tratti di una donna. Gli studiosi, al riguardo, non nutrono più dubbi. A venire loro incontro, difatti, nel riconoscimento, un’analisi, condotta sulle ossa rinvenute, in seguito al disastro. Si riteneva che la vittima, nota come G, potesse essere di sesso femminile, per via dell’aspetto – per l’appunto – dell’osso dell’anca. La prova, però, è arrivata solo grazie all’aiuto del laboratorio d’analisi del Dipartimento della difesa statunitense. Collaborando con l’Università di Uppsala si è giunti, quindi, ad una risoluzione certa del caso.

Mistero nel mistero, ciò non di meno, la notizia rimane particolare. Stando agli storici, le donne non potevano far parte dell’equipaggio della marina svedese, nel XVII secolo. Tutt’al più, potevano avventurarsi in una traversata, in qualità di ospiti. Ai marinai, infatti, era permesso portare con sé le mogli, qualora non fossero diretti in battaglia o non dovendo affrontare tratte molto lunghe.

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