Quella Hollywood in rivolta…

Quella Hollywood in rivolta…

Sciopero. Aperto, dichiarato, deciso. Punto è basta. Questa, Signori e Signore, è Hollywood o, almeno, la Hollywood dei giorni nostri, che vede in via di protesta fior di sceneggiatori.

A partire dal 1º maggio, in sintesi, non si mette più mano ai copioni, a dispetto delle Major. Dunque, tanto per cominciare, niente programmi in seconda serata, vedi The Tonight Show, The Late Show o Real Time with Bill Maher, tutti spettacoli il cui materiale viene prodotto a cadenza settimanale. Qualche giorno fa Seth Meyers aveva anticipato: “Se non mi vedrete qui, la prossima settimana, sappiate che è una cosa che non si fa alla leggera e che, anche a me, mancherete alla follia“.

E non si tratta neppure di una prima volta… già nel 2007-2008 le rappresaglie erano durate 100 giorni. David Letterman era rientrato in anticipo, grazie a nuovi accordi raggiunti con il sindacato; mentre Jay Leno aveva preso ad improvvisare i suoi monologhi.

Ritornando a noi, via alle repliche, anche per chi si occupa di attualità, miscelata ad intrattenimento. Coinvolto, persino il Saturday Night Live e, anche in questo caso, esiste un pregresso. Nel 1981, per motivi simili, la stagione si era interrotta ad aprile e tutto lascia pensare che la faccenda si possa ripetere.

Idem dicasi, per quel che viene trasmesso nelle ore diurne. The Talk verrà interrotto, dopo la messa in onda di una serie di episodi precedentemente registrati. Stesso, per quanto riguarda The Kelly Clarkson Show e qualche inciampo potrebbe subirlo anche The View. A tal proposito, Whoopi Goldberg ha avvisato il suo pubblico che la trasmissione potrebbe non essere così “tirata a lucido“, come al solito.

Parlando, invece, di giochi a premi, il fatto che vengano registrati con largo anticipo permette di attingere ancora per un po’ ad un vasto bacino di contenuti. Vittime, pure le soap. In genere, godono di circa un mese di episodi pre-scritti ma, all’esaurimento, la questione è destinata a complicarsi.

La serrata, poi, arriva proprio al termine delle riprese – e le salva – di alcune serie come Law & Order: SVU; mentre altre, come – ad esempio – FBI, potrebbero risentire dell’accaduto. Ricordiamo, a tal proposito, il caso di Breaking Bad: 7 soli episodi per la prima stagione, contro ai 13 delle successive. Nello stesso periodo, anche la settima stagione della fortunata serie 24 era stata rimandata di un anno.

Ad oggi, mentre i copioni di House of the Dragon sono stati puntualmente consegnati, il co-creatore della serie Yellowjackets ha comunicato, via Twitter, che la sceneggiatura della terza stagione è stata interrotta dopo “un giorno esatto di progressi” e sono molte le produzioni, a rischio di cancellazione.

In sostituzione – quasi inevitabile – i reality, che in passato, oltre a fare da tappabuchi, avevano guadagnato un discreto successo e pure il CEO di Netflix si è adoperato, per rassicurare gli spettatori: “Se si verifica [uno sciopero], abbiamo un’ampia base di serie e film, in arrivo da tutto il mondo“.

I film? Gli studi cinematografici lavorano con circa un anno di anticipo, quindi è tutto sotto controllo, o tale sembra.

Va specificato, la decisione di incrociare le braccia non è stata presa alla leggera, ma è arrivata dopo sei settimane di trattative con Netflix, Amazon, Apple, Disney, Warner Bros, NBC, Paramount Plus e Sony. Disputa, che coinvolge il sindacato della Writers Guild of America, che rappresenta circa 11.500 professionisti della TV e del cinema, negli Stati Uniti. Ci si lamenta del tentativo delle grandi Case di produzione di trasformare il mestiere in una sorta di gig economy. “Dal rifiuto di garantire un numero minimo di settimane lavorate a episodio, alla creazione di una “tariffa giornaliera” nei varietà comici, all’ostruzionismo sul lavoro gratuito per gli sceneggiatori… hanno chiuso la porta alla loro forza lavoro e aperto la porta alla sceneggiatura, come professione interamente freelance“, specifica un comunicato.

Dal canto loro, gli Studios sostengono che non sia il momento più idoneo per cambiare le modalità di retribuzione. I prezzi delle azioni sono crollati, la pubblicità è in calo e aziende come la Disney sono alle prese con ondate di licenziamenti.

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