Né single né coppia: questa è l’era dei Lat

Né single né coppia: questa è l’era dei Lat

Chi è al secondo giro di Sì e, in quanto a convivenza, ha già dato; chi rimanda, nella speranza che l’inevitabile si compia… il più tardi possibile. Chi, con figli, non intende imporre loro un nuovo coinquilino; chi, al contrario, non ne ha ed è teso a difendere il proprio spazio, armato di tutte le forze a disposizione. Insomma, le coppie per cui due case è sinonimo di libertà – ne abbiamo già parlato – per le quali, pure, il concetto di indipendenza non nega quello di monogamia, sono in costante aumento.

PARLANO LE STATISTICHE

In Italia, una famiglia su tre (35,6%) è senza nucleo, vale a dire che è costituita da una sola persona, che vive in piena autonomia e se ne contano, al momento, 8.3 milioni; in quel di Milano, addirittura, più di una su dueL’Istat, a tal proposito, riserva ai solitari l’appellativo di coppie non coniugate, se non conviventi, ma non ha ancora trovato la giusta definizione per classificare chi marito o moglie l’ha preso/a, sì, ma non vive comunque insieme al coniuge. Eppure, nei Paesi dove la categoria è censita, i dati raccontano di una nicchia, non certo esigua: negli Stati Uniti – ad esempio – denuncia una relazione stabile il 25% di chi vive da solo; nei Paesi Bassi, il 20%. Numeri, in ogni caso, che lievitano, ridefiniti anche dalla fine della pandemia. Scansato il senso di catastrofe imminente – in sintesi – per molti è stato un piacere tornare ad abitare per conto proprio.

Prima del Covid, ci eravamo quasi convinti a prendere una grande casa insieme… Poi è arrivata la pandemia e ha bloccato tutto: ora siamo salvi e senza debiti“. Dunque: “non conviviamo ma siamo, per il resto, tradizionalissimi. Semplicemente, il vecchio adagio sul matrimonio come tomba dell’amore ha in sé una grande verità. La condivisione continua finisce per ledere una certa impressione di novità, che sarebbe bello riuscire a mantenere…”.

Parole sante, verrebbe da sentenziare. Vivere da separati pur amandosi – o, volendo adoperare l’immancabile acronimo anglofono, Lat, living apart together – è, storicamente, stata – nelle diverse epoche – una soluzione, tipica della nobiltà, in grado di riservare ad ogni membro della famiglia una diversa ala del palazzo.

GENERAZIONE… SINGLE

Al più recente Single day, giornata mondiale per quanti vivono da soli, tenutosi nel mese di novembre, la Coldiretti ha stimato che agire da single comporti 298 euro al mese per mangiare (mentre ogni componente di una famiglia di tre persone ne costa 189), solo per dirne una; +156% al metro quadro per la casa, sia in affitto, sia a comperarla. Usare un’auto da soli, riscaldare una casa da soli, pagare personale di servizio per fare cose che spesso, nelle famiglie conviventi, fa un coniuge… secondo l’analisi e al di là delle eventuali esenzioni, costa, insomma, fino al 90% in più.

Un lusso, sì, anche caratteriale. Ho spesso pensato che sarebbe meglio essere capaci di vivere insieme a una compagna, come hanno fatto i miei genitori, ad esempio, che sono insieme anche nella stessa Rsa. Semplicemente, io sono fatto in questo modo“.

Ancora: “Penso che un rapporto si giovi dell’incontrarsi nello spazio del desiderio, non dell’obbligo. Nessun gentiluomo, diceva Goethe, è tale per il suo cameriere. Troppa intimità spoetizza“, sostiene chi ha sperimentato l’inedita formula.

NATI APPOSTA PER…

Alcuni professionisti sono, poi – va detto – più portati di altri alla vita solitaria: “Svolgendo un lavoro per cui nessuno mi ha dato una routine, me la sono data di mia sponte. Ho orari: ginnastica, lavoro, pasti. Vivo come in caserma. Per un’altra persona può essere divertente per qualche giorno, ma non credo come abitudine“. Segue elenco meticoloso della disciplina quotidiana, comprese le pulizie, che “faccio quasi tutte da solo, come i monaci zen, che consideravano un onore sbrigare le faccende del convento. Non ho mai nemmeno avuto una lavastoviglie“. Del resto, “le mie storie non sono mai finite per questo che, anzi, è stato un elisir di lunga vita“.

Vanno, inoltre, considerati ipotetici figli ormai cresciuti, abitudini consolidate, nuovi amori che arrivano ma stanno bene nello spazio di una vacanza, di un fine settimana, di qualche sera, da trascorrere insieme. “C’è chi ha la fortuna di incontrare presto l’amore, di crescerci insieme, ma non è stata la mia vita. Se dopo i cinquant’anni incontri un compagno di viaggio perfetto… resta tale“. A suggello di quanto asserito fino ad ora.

A tenere uniti, a ben guardare, è proprio questa sorta di incertezza. Ci si vede spesso, si va al cinema, ci si organizza… D’altronde: “Ci sono storie da cui non riesci mai a uscire, nemmeno quando ti accorgi che sono sbagliate. Sapere che, invece, puoi uscire quando vuoi e, ciononostante, restare, è impagabile“.

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