Formaggio: questo sì che va a ruba!

Formaggio: questo sì che va a ruba!

Pensare che eravamo convinti fosse il cibo preferito dai topini… e non che non piaccia anche a noi umani, ma mai e poi mai avremmo potuto supporre che si trattasse anche dell’alimento più rubato al mondo. Proprio così, il formaggio occupa il podio sulla scala dei più ambiti – e sottratti – da tutelare, quindi e da difendere. Persuasi, ingenuamente, che bisognasse sorvegliare, invece, la carne o le merendine o, più in generale, il janck food che, prima o poi, finisce per far gola a chiunque.

Errore, ci rivela il Centre for Retail Research, giacché addirittura il 4% della produzione mondiale di formaggio finisce – così raccontano i dati – nelle mani dei ladri. 

QUALCHE ESEMPIO

Un furto record si è registrato, di recente, in occasione dello YeovilShow, nel Somerset (Inghilterra). Hanno fatto magicamente perdere le loro tracce, nel caso in questione, due particolari forme di Cheddar, del peso di 9 kg cadauna, vincitrici rispettivamente del primo e del secondo premio. Valore combinato, pari ad oltre 2.000$. Nebulizzate, direttamente la sera dell’evento. Tanto che lo sfortunato casaro, nel tentativo di recuperare il maltolto, ha persino offerto una lauta ricompensa.

Andando a ritroso, nel gennaio 2016, nel giro di due sole settimane sono state effettuate due rapine, nel Wisconsin. Costo della refurtiva: 160.000$. Una cifra da capogiro.

Prodotti che, sottratti dal mercato, vengono solitamente rivenduti a nero, danneggiando economia, consumatori e produttori e andando a ledere anche la salvaguardia delle eccellenze territoriali.

Categoria a rischio, dunque, che conta le sue vittime anche in Italia, ovvio. Tra tutti, qual è il più ambito? Il Parmigiano, sottratto da caseifici e supermercati. Furto d’identità, come accennavamo, che rende la faccenda ancora più imperdonabile.

Veniamo così a sapere, attraverso la testimonianza di Coldiretti che, in quel di Modena, la Polizia di Stato ha sgominato un’associazione per delinquere responsabile dei furti di oltre 2.000 forme di Reggiano, prelevate dagli stabilimenti e dai depositi di stoccaggio.

FURTI E FALSIFICAZIONI

Ad agire, sarebbero “vere e proprie bande organizzate“, causa del fenomeno pocanzi descritto. “A preoccupare è anche il fatto che la produzione di falsi Parmigiano e Grana nel mondo ha sorpassato, per la prima volta, quella degli originali, nel 2014, per effetto della moltiplicazione selvaggia delle imitazioni, in tutti i continenti“. Si va dal falso Parmigiano vegano a quello prodotto dalla Comunità Amish, dal Parmesan, vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli Usa, al kit che promette di ottenerlo in casa, in appena 2 mesi ma c’è anche quello in cirillico, prodotto in Russia, dopo l’embargo. Ancora, il Parmesao brasiliano, il Reggianito argentino e il Parmesan perfect italiano, ma prodotto in Australia.

Se gli Stati Uniti – poi – sono i leader nella falsificazione”, le imitazioni non lesinano in Australia, come in Sud America, ma anche nei Paesi emergenti. “Sul mercato Europeo ed in Italia sono arrivati i cosiddetti similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia, che ingannano i consumatori sulla reale origine. Prevalentemente, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Una concorrenza sleale, nei confronti degli autentici… ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione“. Da difendere – specifica Coldiretti – il sistema produttivo, la stagionatura, il divieto nell’uso di insilati, additivi e conservanti nell’alimentazione del bestiame, il peso medio delle forme (40 kg), l’impiego di 14 litri di latte per produrre 1 kg di formaggio e 550, per produrre una forma. Espressione, quanto sopra, del riconoscimento ottenuto da parte dell’Unione Europea.

UN PRODOTTO ANTICHISSIMO…

Metodo di lavorazione, pregiato livello qualitativo e, alle spalle, secoli di storia. Le origini del Parmigiano Reggiano risalgono – difatti – al Medioevo, attorno al XII secolo quando, presso i monasteri Benedettini e Cistercensi di Parma e di Reggio Emilia si diffuse la produzione di un formaggio a pasta dura, ottenuto attraverso la lavorazione del latte, in ampie caldaie. Tant’è, tra le prime citazioni, quella di Giovanni Boccaccio, proprio nel suo Decamerone: “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva“.

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