Marmellata: storia ‘moderna’ di un cibo antico

Marmellata: storia ‘moderna’ di un cibo antico

Amata, apprezzata… e non stiamo neppure qui a considerare da quanto tempo. Squisita ‘da sola’; ancor più prelibata, se spalmata sul pane o parte di una crostata; oppure – ancora – farcia per golosi biscotti o accompagno, per succulenti taglieri di formaggi. Di cosa stiamo parlando? Oh, non affaccendatevi troppo con la fantasia, poiché la questione è presto svelata: Marmellata – da non confondersi con la Confettura, sia chiaro! Elemento immancabile, almeno fino a qualche tempo fa, nelle nostre case.

Tuttora – non crediate – rimane un prodotto dal forte appeal e, al pari di tutto quel che, componente della tradizione, ci accompagna da lunga data vanta, al suo seguito, una storia antica, infarcita di racconti e leggende. Pensate, c’è chi vede coinvolti, al riguardo della sua origine, gli antichi Greci e financo due Regine. Ma, esattamente, quando è nata e perché si chiama così?

Facciamo ordine e partiamo dal principio. L’etimologia stessa della parola fornisce enormi indizi sul suo senso. I dizionari concordano nel farla derivare dalla portoghese marmelada, o confettura di Marmelo, vale a dire Mela Cotogna. A sua volta, facendo un ulteriore passo a ritroso, il termine lo si ricava dal latino Melimēlu(m) e dal greco Melímēlon (composto di méli miele e mêlon mela), risultante – quindi – di una ricetta assai simile all’attuale, in cui – però – mancava ancora lo zucchero.

Dobbiamo al Quattrocento e al Cinquecento e ai miti inerenti ai suddetti periodi, se l’accezione sia andata definendosi, via via, per come la conosciamo oggi. In effetti, il punto d’incontro era – ora come allora – proprio nell’uso dello zucchero, che ne promuoveva la durata. Fatta… e conservata, appunto, secondo quanto ci porta ad opinare il verbo conficere.

Ciò non di meno, una primissima versione dell’odierna preparazione sembra si debba – lo accennavamo -al popolo Greco. Ne siamo a conoscenza – pensate – grazie ad un ricettario Romano attribuito ad Apicio e risalente al IV-V secolo d.C., in cui si riporta come questi ultimi – i Greci – fossero soliti bollire – appunto – le mele cotogne insieme al miele, per addensare gli zuccheri contenuti e ricavarne una conserva. Per i Romani si trattava, invece, di immergere la frutta in una mistura di vino passito, vino cotto, mosto o miele.

Zucchero, anticipavamo anche questo, neppure a parlarne, in Europa, almeno fino all’epoca delle Crociate.

Sono ancora una volta i documenti storici a rivelare come, nel corso del Medioevo, poi, in Spagna e in Sicilia, grazie alla dominazione Araba, venne introdotta la Canna da zucchero; mentre il merito di averlo diffuso al di là dei territori contaminati va ai Crociati, poco dopo l’anno Mille. Alimento, peraltro, esotico e costoso, comune sulle tavole unicamente dei ricchi e – fino al XVI secolo – utilizzato raramente, a guisa di ‘conservante’. Troppo alto il valore, per poterlo adoperare anche allo scopo odierno.

Le cose cambiarono, quando Cristoforo Colombo esportò la sostanza nel Nuovo Mondo. La produzione dilagante ne fece scendere il prezzo, il che la rese più idonea al fine che ne facciamo noi oggi.

C’è, inoltre, chi non si risparmia, neppure con l’immaginazione e vuole la storia della marmellata vincolata a quella di Caterina d’Aragona, principessa spagnola sposa di re Enrico VIII, talmente piena di nostalgia per la sua terra, da spingersi addirittura ad inventare la ‘versione alle arance‘.

L’altro ‘si dice’ riguarda, invece, Maria de’ Medici, destinata a salire sul trono di Francia in veste di Regina, nel 1600. Ebbene, si narra che, trasferitasi in quel di Parigi, la donna accusasse una serie di malesseri che portarono i medici di Corte a prescriverle una dieta a base di frutta e agrumi, in particolare. Come trasportare la merce dall’Italia fin oltre le Alpi, senza che marcisse durante il viaggio? Si pensò, per l’occasione, ad un decotto, da inviare a Marie malade (Maria ammalata) e qualcuno, per la fretta, scrisse – erroneamente – in etichetta, tutto attaccato…

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