Parafrasi di un Amadeus ‘qualunque’
Avete presente la scuola dell’obbligo? A maggio chiude i battenti e ci si rivede a settembre. Un po’ come… la tv che, in effetti, è oramai abituata al fisiologico caldo estivo (vuoi o non vuoi, si esce di più) e ad un cambio di pubblico, diversamente interessato.
Tant’è, esattamente come a scuola, è tempo di voti e di pagelle e si prendono in analisi, nel dettaglio, i passaggi delle varie Star da una rete all’altra, le scelte di palinsesto, i format più o meni riusciti, l’uso del linguaggio. Tutti promossi? Certamente, è colpo grosso per la Rai che, con Stefano De Martino, si è aggiudicato un preserale niente affatto male. Sotto le aspettative, al contrario, Amadeus che, una volta sbarcato al Nove, non riesce ancora a trovare la formula giusta, per un rilancio a dovere.
Parecchi, in pochi mesi, i tentativi; siamo già al quinto programma, sul canale generalista del colosso Discovery ma nulla che abbia realmente entusiasmato, almeno in termini di ascolti. Dire che Ama è sempre Ama, persino quando si ricicla in versione giudice, alla Corte di Maria de Filippi. Tuttavia, non basta.

L’ennesimo appello indossa il volto del game show: The Cage, il titolo e si rifà ad un programma israeliano di una dozzina di anni fa (adattato in una ventina di Paesi e in verità già chiuso quasi ovunque), in cui – non a caso – si affianca con Giulia Salemi (prezzemolina, influencer, etc. etc. etc. ). Un’oretta scarsa, a partire dalle 20:40 che, però, va a scontrarsi con le Ammiraglie concorrenti. I Pacchi e Striscia, in parole povere, fanno sentire il loro peso, eccome.
Pensare che il sottotitolo della trasmissione – ironia della sorte – è Prendi e scappa. Quasi un monito… Due coppie – in sostanza – si sfidano a turno, con un compagno di squadra che risponde a domande elementari, così da guadagnare secondi utili, affinché l’altro agguanti più oggetti possibili nell’arena sottostante. Semplice, il meccanismo ma, evidentemente, non abbastanza coinvolgente per chi assiste da casa; né si ha modo, dall’altra parte dello schermo, di affezionarsi ai concorrenti. Il tutto si configura, volendo dirla fino in fondo, esile. Troppo poco identitario e, invece, copia di qualcosa che, da una parte o dall’altra, si ha l’impressione di aver già visto.
Sarebbe, a ragionarci, un discreto termometro dei consumi 2025 ma la Cassazione degli ascolti non perdona. Dire che ci si credeva (parliamo a più ampio raggio). La scommessa suonava, all’esordio, come vincente, al punto tale da posizionare Like a Star direttamente contro la finale di Coppa Italia. Pazienza… Piazzando, poi, il nuovo game domenica, subito dopo l’epico scontro Sinner-Alcaraz, ci si era concessi la speranza, almeno quella, di fare bene e, tutto sommato, malaccio non era andata: 5,7% di share, con un milione – più o meno – di individui al seguito… smentito, ahinoi, il risultato, nel giro di una settimana. Senza traini d’eccezione, The Cage è piombato intorno al 2,5% di share, per toccare, ancor più di recente, ulteriori punte del 2%.
Certo, si potrebbe obiettare che gli ultimi due progetti sono arrivati a stagione inoltrata; che, su cinque puntate, i concorrenti hanno vinto solo una volta; che insuccesso chiama insuccesso… ma i fatti parlano e raccontano di fior di professionisti, colleghi più o meni attempati, che portano la loro quota di numeri a casa, senza troppa e, anzi, senza la medesima fatica.
Il punto è che Crozza, come pure Fazio – giusto per fare due nomi – indossano programmi sartoriali, riconoscibili e ricercati dal pubblico, quale che sia la vetrina che li espone ma, altrettanto, antiquari ed immobiliaristi sono, a loro modo, proposte attraenti, andando ad intercettare gusti e simpatie di spettatori che cercano ‘qualcosa di nuovo’ che possa interessarli.
Che normalità, garbo e latitanza di protagonismo siano passate di moda? Forse no, forse c’è ancora posto per il ‘fatto e fatto bene’ senza troppo alzare la voce ma, magari, è sbagliata la location; probabilmente, c’è stato un surplus di aspettative… Può un buon cuoco trasformarsi in uno Chef pluristellato? L’idea di uscire per andare a cena fuori vale ancora, se si pensa alla trattoria sotto casa o c’è spazio solo per l’experience che può fornirci l’ultimissimo locale alla moda?
Tradizione, in breve, o contemporaneità? Fuor di metafora, può un solido professionista della tv generalista atteggiarsi a showman, originale e irripetibile? L’amletico dubbio è tutto qui.
In questo ultimo round fa effetto vederlo quasi scavalcato dalla co-conduttrice, sveglia e spigliata al punto giusto: lo precede in scena, spiega il meccanismo del gioco, presenta le coppie, è continuamente inquadrata… e, a fine puntata, si ha l’idea che abbia parlato, persino più di Amadeus (che hanno provato a svecchiare anche nel look). Un nulla di fatto, lo ribadiamo. Il contrappasso è impietoso, per chi nella conferenza stampa di presentazione veniva introdotto come Mister 40%.
Per Discovery, il segno di un passo falso ma rimediabile. Per il nostro, un verdetto napoleonico: “due volte sull’altare, due volte nella polvere“. Non rimane che augurargli una sana pausa di riflessione e che sia quanto meno l’Elba e non Sant’Elena.
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