17 marzo: “L’Italia s’è desta”, oggi come ieri, viva l’Italia
159 anni. E dire che non li dimostra… o forse sì. Nel cuore dell’emergenza, si risvegliano e fanno capolino quel senso di appartenenza, identità e solidarietà che, da sempre, caratterizzano la Penisola. E lo fanno, a guardar bene, proprio nell’ennesimo anniversario dell’Unità d’Italia, rivelandosi attraverso i canti affacciati fuori dal balcone, i cori che ci fanno sentire meno soli e ci danno la sensazione che il momento d’impasse, per quanto complesso, sarà presto scongiurato.
Così, giorno dopo giorno, a fronte del numero delle vittime da Covid-19, sempre crescente, si affiancano la dignità e la voglia di non darsi per sconfitti. Un abbraccio comune che, da nord a sud, risuona delle identiche note, quelle dell’inno di Mameli. Un antidoto alla paura. Un modo, sia pur ingenuo, per dire no al desiderio di resa.
Tutto iniziò con la spedizione dei garibaldini
Era il 17 marzo 1861, quello in cui veniva proclamato il Regno d’Italia. Un discorso, pronunciato a postumi della sentenza emessa da Camera e Senato, figlia della legge n°4671 del Regno di Sardegna, prima legge dello Stato Unitario.
L’atto finale, a fronte di una guerra per l’indipendenza che, nel periodo risorgimentale, vide i Nostri combattere contro il nemico di allora, impersonato dall’Austria. Una guerra, anche quella, in cui la ‘pasta’ degli italiani si mostrò per ciò che era.
Sotto la guida di Giuseppe Garibaldi ieri, proprio come oggi, si perse il conto di chi, di propria sponte, volle partecipare all’impresa. Nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, in molti decisero di raggiungere il Regno delle due Sicilie, per dare man forte alle insurrezioni già in atto sull’isola, contro il governo borbonico.
Così, il 21 febbraio 1861, Camillo Benso conte di Cavour, allora Presidente del Consiglio, si presentava al Senato, con un progetto di legge destinato a divenire, di lì a breve, la prima norma del nuovo Stato.
L’unità territoriale venne battezzata il 17 marzo, per l’appunto, su carta, anche se per l’annessione del Veneto e della provincia di Mantova, poi del Lazio e, in ultimo, del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia, si dovette attendere il 1918.
Una Festa nata nel 1911
Con lo scoccare dei 50 anni di unità, prese corpo l’idea di festeggiare una ricorrenza che, a tutti gli effetti, meritava di essere ricordata. Ed è da allora che l’inno riveste un ruolo di primo piano per l’itera popolazione. Sei strofe ed un ritornello che inorgogliscono, frutto della penna di Goffredo Mameli, giovanissimo e coraggioso patriota, ignaro, in quel lontano 1847, della portata del proprio contributo alla patria. Inizialmente si trattava, infatti, di un testo nato a protesta contro le riforme e la guardia Civica.
Fu poi Michele Novaro a musicarne le parole, maestro anch’egli di origine genovese.
Non tutti sanno che…
In un primo momento, la canzone per antonomasia rimase la Marcia Reale. Il brano dei Savoia ci rappresentò fino alla Secondo conflitto bellico mondiale. Adottato provvisoriamente dal 1946, è piuttosto recente – nel 2017 – il riconoscimento di Fratelli d’Italia ad inno nazionale.
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