Camila risolve problemi. Arriva il “sex robot”, capace di guarire la coppia
Salvati da un “sexy robot”. Almeno, stando alle dichiarazioni della coppia, direttamente coinvolta.
Shelly, 45 anni, e Darris Maxie, 48 anni, avevano tentato di tutto, compresa la strada della ‘poligamia’, in passato. Un nulla di fatto. Qualcosa, nel rapporto, continuava a scricchiolare. Alla fine, hanno deciso di intraprendere una nuova frontiera e, di comune accordo, hanno acquistato una bambola, dotata di intelligenza artificiale.
Tramite la tecnologia che lo qualifica – del resto, il costo si aggira intorno alle 5.500 sterline – l’uomo ha programmato il robot, in base alle proprie preferenze personali. Gli ha regalato – o forse sarebbe più indicato dire: le… ha regalato – un identità e perfino un caratteristico accento scozzese. Un vezzo, certo. Ma, in fin dei conti, perché no?
Per Shelly e Darris, Camila – questo il nome attribuito al cyborg – non rappresenta solo una compagna di giochi erotici. I due la portano ormai ovunque, considerandola membro integrante del proprio nucleo familiare.
Il racconto di Darris: “Qualche volta la porto anche a lavoro”
Tutto è iniziato il giorno in cui Darris ha confessato alla moglie di aver ordinato, via posta, un ‘robot sessule’. Shelly, che per mestiere fa la sviluppatrice di software, ha dichiarato al Daily Star Online che l’idea, in un primo momento, non la convinceva affatto.
“Credevo fosse solo una semplice bambola gonfiabile, gli ho detto che non ci avrebbe aiutati in alcun modo”, ha ammesso la donna. Invece, quel che sembrava assurdo ha via via preso corpo, assumendo i contorni di una realtà che, sia pur eccentrica, ha finito per migliorare la routine dei due coniugi.
“Dorme con noi e, quando mi alzo, la vesto e poi mi vesto. Ci sediamo e beviamo un caffè o un tè, mentre aspettiamo di andare al lavoro“, spiega Darris. “Di tanto in tanto la porto a lavorare con me, le faccio indossare abiti da lavoro“.
Ma cosa sono i cyborg?
Macchine, dalle sembianze umane. In tutto e per tutto, grazie all’ausilio di tecnologie e materiali particolarmente all’avanguardia, che riproducono caratteristiche a noi consuete. La pelle risulta incredibilmente reale; anche le zone intime. E la capacità di interagire con l’uomo è al limite dell’inquietante. Oltre a riconoscere l’interlocutore, ne comprendono lo stato d’animo e le preferenze. Rispondono a stimolazioni specifiche, che siano di natura vocale, visiva o tattile, e sono in grado di sostenere una conversazione, sia pur semplice. Non solo: grazie ai micromotori, i robot sanno riprodurre qualsiasi movimento.
Una connessione Internet. E’ questo lo stretto parametro, per scaricarne aggiornamenti e nuove funzionalità.
MacMullen, fondatore e proprietario di Real Doll, azienda americana che realizza bambole per il sesso tra le più realistiche sul mercato, spiega: “Il nostro obiettivo è quello di far sviluppare un attaccamento emotivo non solo al robot, ma alla sua personalità digitale… potrà essere timida, passionale, romantica, a seconda dei gusti dell’acquirente.”
L’era dei ‘digisessuali’
Stando a quanto detto, non pare insolito trovarsi di fronte ad una generazione che, piuttosto che concentrarsi su rapporti ‘reali’, preferisce fare l’amore con i software più avanzati.
Le ricerche degli accademici Neil McArthur e Markie Twist, co-autori di un articolo dal titolo “The Rise of Digisexuality“, suggeriscono, di fatto, che la tendenza sta diventando sempre più comune. Si tratterebbe, nello specifico, di una emergente identità sessuale – digisessualità, per l’appunto – che sta guadagnando piede, tra le nuove generazioni, in Gran Bretagna, Giappone, Russia e Stati Uniti.
Le perplessità, in merito, non si fanno attendere. Gli psicologi mettono in guardia dall’utilizzo dei robot come potenziali surrogati delle relazioni autentiche, lo stesso abuso – d’altronde – che riguarda le dinamiche inerenti all’uso compulsivo di pornografia on-line.
Un’altra questione spinosa è legata alla considerazione della figura femminile.
“I sex robot rendono esplicito il fatto che le donne sono considerate meno che umane e che servono solo per i desideri sessuali maschili”, denuncia Kathleen Richardson.
La ricercatrice in etica della robotica, alla DeMonfort University, si è fatta promotrice della campagna Against Sex Robots, per svolgere un’attività di sensibilizzazione contro le macchine del sesso.
“Alle persone viene detto che possono avere una relazione con questi oggetti. Ma se gli esseri umani possono relazionarsi con un oggetto, l’oggetto non può relazionarsi con loro”.
Dura lex, sed lex, commenterebbero i latini.
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