Dentisti, otorini, oculisti: le visite mediche specialistiche nella Fase 2
Uno stop, quello causato dal Coronavirus, che ha finito per condizionare i comportamenti di noi tutti, e che ci ha inevitabilmente spinti – motivati in parte dalle restrizioni prescritte dal Governo, in parte dal personale sgomento – a posticipare a data da destinarsi visite, controlli e interventi, non ritenuti a carattere di urgenza.
Non sempre, tuttavia, è semplice distinguere l’emergenza dai casi ordinari. Di recente, uno studio del Centro Cardiologico Monzino di Milano ha evidenziato come, dallo scoppio della pandemia, la mortalità per infarto acuto sia quasi triplicata. D’altro canto, sono diminuite – del 40% – le procedure salvavita di cardiologia interventistica.
E’ evidente come il timore del contagio abbia fatto sì che le persone procrastinassero gli appuntamenti. Almeno, quelli di routine.
“In Italia, ogni anno viene effettuato un milione di interventi salva-vista“, spiega Matteo Piovella. Il presidente della SOI (Società Oftalmologica Italiana), poi, aggiunge: “Con il blocco delle attività, ne sono stati rinviati 250mila. Così come 4 milioni di visite di prevenzione“.
E’ chiaro, dunque, come l’attività sanitaria debba riprendere i ritmi di sempre.
Nuovi protocolli di sicurezza
Coadiuvato dal supporto dei sindacati e sotto il parere di epidemiologi, igienisti e medici del lavoro, Raffaele Iandolo, presidente dell’Albo Nazionale degli Odontoiatri, entro aprile presenterà un documento. Presso il Ministero della Salute, si riveleranno le linee guida per la gestione della fase 2, negli studi dentistici.
“Il nostro obiettivo è limitare il più possibile le occasioni di contagio all’interno delle strutture. Il primo step è l’identificazione dello stato di salute del paziente, tramite un ‘triage telefonico’. Un colloquio selettivo, che permetta di capire se il soggetto non abbia avuto raffreddore, tosse, febbre, diarrea, i sintomi caratteristici del Covid-19. Né sia venuto a contatto con familiari o conoscenti positivi, nell’ultimo mese”.
Un compito, a carico del professionista
“Il rapporto diretto è fondamentale. Il medico deve anche dissuadere tutti i pazienti che possono fare a meno della visita, dando consigli per risolvere, almeno temporaneamente, a domicilio, le patologie”.
Tempi di ‘telemedicina’, dunque, in grado di contenere gli spostamenti inutili e procedere, in maniera sistematica, alla scaglionamento delle visite necessarie.
“Il professionista dovrà abituarsi a lavorare sette giorni su sette”. Un modo “…per evitare assembramenti in sala d’aspetto e per eseguire tutti i protocolli di igienizzazione degli ambienti“, rincara Mario Bussi, primario di Otorinolaringoiatria dell’ospedale San Raffaele di Milano.
Un esempio dall’oriente
Il modello Wuhan prevede la sanificazione della strumentazione, delle poltrone di lavoro e della scrivania, tra una visita e l’altra. Il lavaggio dei pavimenti, due volte al giorno e dei bagni, quattro volte al giorno, con un liquido al 75% a base alcol. Gli ambienti andranno ventilati il più possibile e, se necessario, modificati gli impianti di condizionamento, azzerando il riciclo dell’aria. Tastiere dei pc e telefoni andranno protetti con una pellicola trasparente, da sostituire ogni sera.
“Superata la prima selezione, al paziente sarà chiesto di recarsi alla visita da solo. Mentre i minori dovranno essere accompagnati da un solo genitore“, chiarisce Iandolo. “All’ingresso sarà misurata la temperatura corporea con un termometro ad infrarossi ed, eventualmente, si procederà anche alla rilevazione della saturazione dell’ossigeno“.
Il paziente dovrà, inoltre, presentare un’autocertificazione, che attesti l’assenza di sintomatologia Covid-19. Gli oggetti personali, come ad esempio cellulare o borse, verranno conservati in un sacchetto, da ritirare all’uscita.
“L’approccio… sarà quello di considerare chiunque un soggetto potenzialmente positivo. Un concetto, già largamente acquisito per altre infezioni virali, altrettanto pericolose“, chiosa Bussi.
“Per questo, al triage telefonico e alle barriere di plexigass, che dividono la segretaria dai pazienti in sala d’aspetto, vanno aggiunti tutti i dispositivi di protezione personale. Il medico dovrà indossare camici monouso, da sostituire alla fine di ogni visita. Oltre a guanti, mascherina protettiva Ffp3 (o almeno Ffp2) e visiera. Ovviamente, la protezione dovrà essere vicendevole, per cui, all’ingresso, il professionista dovrà essere in grado di fornire una mascherina chirurgica al paziente che ne è sprovvisto e guanti monouso. Prima di indossarli, il paziente dovrà lavarsi le mani e usare igienizzanti idroalcolici”.
Ulteriore accortezza, la ‘diga di gomma’
Misure, atte a ridurre al minimo il contatto con le particelle di aerosol che, come ampiamente illustra un report pubblicato su Nature, costituiscono uno tra i veicoli principali di propagazione del virus. Secondo il presidente degli Odontoiatri, inoltre, durante la prestazione dentistica, si cercherà di utilizzare il più possibile quella che viene comunemente chiamata: ‘diga di gomma’. Un telo, posto davanti alla bocca del paziente, e dal quale vengono fatti uscire solamente i denti da trattare.
“Non escludiamo che, in futuro, si paventi la possibilità di reperire test per il Sars-CoV-2, attendibili e così rapidi, da poter sottoporre la persona all’esame, un quarto d’ora prima di entrare nello studio”, conclude Michele Piovella, membro CEO. “Una spesa, che oltre ai sistemi di protezione e di igienizzazione, sarà a carico del professionista. Per questo, prevediamo un conseguente ricarico sul costo finale della prestazione”.
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