L’ultima birichinata di Vittorio…
In silenzio proprio non ci sa stare. Ormai lo conosciamo bene, e sappiamo anche che ogni sua esternazione finisce per lasciare, puntualmente, dietro di sé, un vespaio dal frastuono spesso inconcludente.
L’ultima – come se si trattasse di marachelle – l’ha combinata proprio di recente quando, in audizione in Commissione Cultura alla Camera, ha rifiutato di indossare la mascherina.
La seduta, che vedeva protagonosta Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, ha, insomma, registrato momenti tormentati. Sospesa, appena qualche minuto dopo l’intervento di Vittorio Sgarbi. Non tanto per l’attacco al Cts, quanto, piuttosto – ancora una volta – per aver contravvenuto alle regole.
“Credo che la mascherina sia un ricatto, a cui noi siamo stati sottoposti. Chiedo a Miozzo che mi dica se è necessaria“, ha chiosato il critico.
L’ha tolta, dunque, e l’ha tenuta in mano, naso e bocca scoperti: “La indosso non volentieri perché non voglio essere imbavagliato“.
Inutili i rimbrotti. Vani i tentativi di fargliela re-indossare.
“Ho una malattia, non la posso indossare. Chiami il medico“, si è difeso, con fare concitato, proseguendo: “Ha detto Borrelli, il capo della Protezione Civile, che non porta la mascherina“.
Niente da fare, non c’è stato verso: scattato il time-out per l’intera seduta.
In realtà, come spesso accaduto, dietro il fare polemico si nasconde un pensiero che, probabilmente, per risultare evidente merita – secondo l’idea del ‘più grande trasformista d’Italia‘, come alcuni lo hanno voluto definire – di venire esposto con veemenza. Toni dal timbro immancabilmente tranchant, inevitabilmente provocatori: “Credo che il Comitato Tecnico Scientifico registri una forma di ricatto verso la politica, che ha paura di fare scelte sbagliate“. E, a sua volta, “credo che la politica abbia rinunciato alla sua funzione, obbedendo ciecamente alle vostre indicazioni, spesso fasulle“, ha ribadito, rivolto ai membri del Cts.
“Non posso sentire il dottor Zangrillo che dice che l’epidemia è arrivata alla sua fine, qual è la verità?“, chiede, in riferimento alla querelle scatenatasi negli ultimi giorni, riguardo alle dichiarazioni del Primario di terapia intensiva del San Raffaele di Milano. “Clinicamente, il Nuovo Coronavirus non esiste più“, aveva dichiarato quest’ultimo. Scatenando una bagarre che ha visto prendere le distanze, sia da parte del Ministero della Salute sia dal Comitato Tecnico Scientifico, per l’appunto. A sedare la situazione era dovuto intervenire Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, con un richiamo alla cautela: “Zangrillo ha detto che chi è sul campo non vede più malati gravi in terapia intensiva. Ma dobbiamo continuare a usare prudenza“, ha chiarito.
Messaggi, che alla lunga rischiano di confondere chi, ancora incerto, non riceve indicazioni nette riguardo alla strategia comportamentale a cui attenersi.
Risultato: Zangrillo, punto sul vivo, si è chiuso nel suo riservo. Rispetto alla possibilità di una nuova ondata ha proferito, un po’ indispettito: “Non sono Nostradamus, non ho la sfera magica“. E il ‘nostro’ professore – come dicevamo – ne ha combinata un’altra delle sue.
Condotte, certo, che fanno indignare. Ma che, quando si tratta dell’esimio esperto di arte – forse suscettibili alla sua capacità di fascinazione – strappano sempre un sorriso. Magari celato, di nascosto, eppure è difficile non perdonarlo… pensare che solo pochi giorni addietro se l’era vista brutta, l’illustre ferrarese.
In vacanza con la figlia, in Albania, ha rischiato di affogare, travolto dalle acque del mare di Las Palas.
Se esiste un commento a tutto questo, ha forse il sapore del fare genuino e spontaneo della romanità di una volta, che sinteticamente, con sole tre parole, riusciva ad esprimere appieno l’idea che si nascondeva dietro un concetto più complesso.
Ce ne serviamo, per l’occasione – e concedici l’ardire, perché in fondo ti siamo affezionati – caro Vittorio: “Che te possino!“
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