Romanov, la dinastia decimata dai ‘rossi’

Romanov, la dinastia decimata dai ‘rossi’

Un massacro, quello operato ad opera di Lenin, la notte del 17 luglio 1918, nei confronti della famiglia Romanov. Quando lo zar Nicola II, il 15 marzo dello stesso anno, rinunciò al trono, attraverso una formale abdicazione, la sua vita non era in pericolo. Aleksandr Kerenskij, allora ministro della Giustizia, così dichiarava: “In qualità di procuratore generale ho il diritto di decidere della sorte di Nicola. Ma, camerati, la Rivoluzione russa non si è imbrattata di sangue e io non le permetterò di disonorarsi. No, non sarò il Marat della Rivoluzione russa“. Evidentemente, qualcosa andò storto.

La famiglia Romanov

L’intera famiglia imperiale venne arrestata. Segregati nel Palazzo d’Estate, prima. Fu scelta, in seguito, una zona nei pressi di Ekaterinburg, sul lato orientale degli Urali. Un luogo… più ‘sicuro’. La casa di un mercante venne ritenuta perfettamente adatta allo scopo. Fino a luglio, per Nicola, Alessandra, 5 figli, un medico, un cuoco e qualche domestico sarebbe stata questa la residenza, fin tanto che i rivoluzionari non avessero raccolto la documentazione, necessaria per un processo.

Nel frattempo, nella patria Russia imperversava la guerra civile. Le milizie bolsceviche si scontravano con le forze armate zariste, decise a ripristinare il tanto vituparato ‘ordine’. Vi fu perfino un momento in cui i Bianchi avanzarono da oriente, avvicinandosi pericolosamente a Ekaterinburg. Un sussulto, se lo zar fosse stato liberato… un rischio troppo alt, per lo Stato rivoluzionario.

Interpellato, Lenin decretò che i Romanov sarebbero stati giustiziati. Non tutti erano dello stesso parere. Trockij avrebbe preferito seguire le procedure… i tempi giusti. Ma la ‘ghigliottina pensante’, stabilita dai rivoluzionari, ebbe la meglio.

In seguito allo sterminio, si rendeva necessario ‘distanziare’ il popolo dalle salme. Le tombe non potevano costituire meta di pellegrinaggio. Dunque, si preferì lo scempio. I cadaveri vennero fatti a pezzi e i resti segretamente sepolti, in un bosco della regione.

Ci sono casi in cui le cose ‘vanno come devono andare‘. Nonostante le continue e attente precauzioni (quando era responsabile del partito per la zona di Ekaterinburg, Boris Eltsin ordinò la chiusura dell’abitazione), trascorso qualche anno, i nostalgici cominciarono la ricerca delle reliquie e la dimora del mercante divenne meta di pellegrinaggio.

Nel 2007, le prime tracce vennero rinvenute, ma solo scrupolosi controlli hanno potuto verificare, di recente, la veridicità dei reperti. Appartengono a due dei figli dello zar, Alexei e Maria.

Il Governo, ora, dovrà decidere che cosa farne. Un mausoleo? Per colocarlo dove? Come seppellire le più celebri vittime della Rivoluzione d’Ottobre, a breve distanza dal loro carnefice? Impossibile immaginarle riposare nel cimitero che accompagna le mura del Cremlino, in cui sono sono sepolti Stalin e alcune delle più eminenti personalità sovietiche degli ultimi decenni.

Una tomba, dignitosa, pare, adesso, sia stata offerta dalla Chiesa di Cristo Salvatore. Un parossismo, forse, dal momento che anche l’edificio ha, in qualche modo, subito le medesime sorti di quelli che, ormai, a tutti gli effetti, sono ritenuti Santi.

Costruita con i copechi del popolo, dopo la vittoria contro Napoleone; distrutta da Stalin negli anni ’30, con una colossale carica di dinamite, venne poi riedificata, grazie al sindaco di Mosca, dopo la fine del regime comunista.

Sopravvissuti, entrambi, alla morte. Fantasmi, esuli di una vita che non li ha voluti. Il loro racconto è avvolto da un mistero, che si snoda piano piano. Rimane tanto da sapere, da indagare, da conoscere… e la curiosità, addosso, di capire.

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