Terrore degli aghi? Soffrite di Belonefobia…
Eccolo lì il nemico. Se ne sta in agguato, sotto forma di aghi, spilli, siringhe; più in generale, di tutti gli oggetti che consideriamo taglienti e acuminati.
Rimane immobile, quasi disinteressato al nostro stato che, nel frattempo, subisce una sorta di mutazione. Sale, con le sembianze di angoscia, un ronzio alla testa, alle ossa e ci invade. Latente, inizialmente, si fa via via più insidioso, più prepotente.
Non tutti la conoscono ma chi viene assalito dalla paura, morbosa, sa bene di cosa stiamo parlando. Belonefobia… o aichmofobia o tripanofobia… chiamatela come preferite. Consiste, appunto, nel forte disagio, prima di sottoporsi ad un’analisi del sangue, ad una visita dentistica o addirittura solo nell’osservare qualcuno che, in cucina, manipola un coltello. Alcuni soggetti non tollerano nemmeno l’odore dell’antisettico, associato ai reparti ospedalieri o ai camici bianchi.
Che esagerazione, penserete. Niente affatto. Il belonefobico non riesce a controllare il proprio istinto che converge, spesso, in attacchi di panico. I sintomi? Tachicardia, sudorazione fredda, nausea e mancanca di respiro.
Tutto chiaro, fin qui?
Ebbene, non sono ancora note le cause. Tuttavia, le teorie formulate al riguardo si dividono. C’è chi considera la malattia l’esito di esperienze traumatiche, vissute o riferite da altre persone. Chi fa leva su una possibile base biologica ereditaria. CL’ipotesi della repressione focalizza l’attenzione su un’educazione opprimente e su una cattiva gestione delle procedure che implicano l’uso di aghi e iniezioni, con costrizione fisica o emotiva forzata. Infine, il disturbo può essere associato all’iperalgesia, ovvero un’ipersensibilità al dolore.
Di qui, una risposta anomala, a livello emotivo.
Il corpo, in pratica, si prepara a rispondere alla minaccia, attraverso un metodo meglio conosciuto come ‘attacco e fuga‘. Tradotto: palpitazioni, brividi, formicolio e prurito, vertigini, senso di svenimento, bocca secca, dispnea. Ancora: tremori, nausea, vomito, illusioni ottiche, pianto e confusione. Nei casi gravi, i segni clinici vengono attivati solo pensando alle immagini che scatenano l’angoscia. Talvolta la patologia è correlata ad altre fobie specifiche, come quella per il sangue (emofobia), per i medici (iatrofobia) e/o per il dolore (algofobia).
Come uscirne? La cura si basa sulla desensibilizzazione, in combinazione con tecniche cognitive e comportamentali e sull’impiego di farmaci, quali ansiolitici e antidepressivi.
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