Regionali: i 13 impresentabili dell’Antimafia
Dall’associazione mafiosa al riciclaggio, dalla concussione al voto di scambio politico-mafioso. Il campionario delle accuse è pesante e non lascia molto all’immaginazione. Eppure, come è tipico del Paese che ci rappresenta, anche in questo caso c’è chi ha voluto chiudere un occhio. Chi ha preferito far finta di niente. E allora eccola, la lista di coloro che, ai sensi della legge Severino o del Codice di autoregolamentazione dei partiti non avrebbero potuto – meglio sarebbe dire dovuto – candidarsi. Lo ha reso noto il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, tuonando sulla carenza, da parte della politica, di filtri adeguati nel discriminare chi e chi non.
E invece sono 13, distribuiti fra Campania, Puglia e Valle d’Aosta.
13 ‘impresentabili’, che pure hanno avuto la faccia tosta di farsi avanti e dire: “Popolo, eleggetemi!“
CAMPANIA
In Campania, sulle spalle del probo Carlo Iannace (“Campania libera – De Luca Presidente”) penderebbero una condanna a 6 anni di reclusione, nonché l’interdizione dai pubblici uffici, per cinque anni.
Gli altri otto, presentatisi nelle liste della medesima regione, risultano rinviati a giudizio e con dibattimento in corso: Sabino Basso (“Campania libera – De Luca Presidente”); Orsola De Stefano (“Lega Salvini Campania”); Maria Grazia Di Scala (“Forza Italia Berlusconi con Caldoro”); Aureliano Iovine (“Liberaldemocratici Campania popolari moderati con De Luca”); Michele Langella (Campania in Europa” per De Luca); Monica Paolino (“Forza Italia Berlusconi con Caldoro”); Francesco Plaitano (“Partito Repubblicano Italiano”) e Francesco Silvestro (“Forza Italia Berlusconi presidente”).
Una lista infinita, insomma, di gente i cui nomi non dovrebbero trovarsi lì, tra incartamenti importanti. Nel ruolo, per l’ennesima volta, di burattinai.
All’insegna della contraddizione più spiccia, poi, la situazione di Flora Beneduce, consigliera uscente con Caldoro (Fi), ma candidata, ora, in una lista per De Luca (Pd). La donna, già rinviata a giudizio con l’accusa di aver ‘comperato’ i voti per le regionali, ha comunque ricevuto il lasciapassare per presentarsi alle urne. Legge vuole che il reato di voto di scambio ‘semplice’ non sia sufficiente per tramutarsi in un profilo di impresentabilità. Se, dunque, si gestisce il consenso con metodo mafioso, scatta lo stop dell’Antimafia, ma se si è ‘solamente’ accusati di acquistarlo, in linea teorica si può tranquillamente proseguire il percorso, nonostante l’aggravante di libero esercizio del voto. Nessuna vigilanza. Che dire? Kafkiano? Parossistico?
PUGLIA
Numero ridotto, ma parimenti situazione, in Puglia, dove rinviati a giudizio e con dibattimento in corso sono, rispettivamente: Silvana Albani (“Puglia solidale Verde” per Emiliano presidente), Vincenzo Gelardi (“Partito del Sud Meridionalisti Progressisti” per Emiliano presidente) e Raffaele Guido (“Fiamma Tricolore” per Bruni presidente).
Qui l’attenzione la puntiamo, in particolare, sulla prima, imputata per “falsa perizia, corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio e corruzione in atti giudiziari, aggravati dal fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose“. E se Gelardi si è distinto per “plurimi reati di trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose“, non meno interessante il curriculum – si fa per dire – di Raffaele Guido, sul cui capo pende il carico di “tentata violenza privata, lesioni e minaccia, aggravati dal fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose“.
Un quadretto niente affatto malvagio.
VALLE D’AOSTA
A distinguersi, invece, nel caso Valle d’Aosta, è Augusto Arduino Rollandin (“Puor L’Autonomie – Per l’Autonomie”), sospeso – a decorrere dal 28 marzo 2018 – dalla carica di consigliere regionale e vicepresidente della Giunta regionale valdostana, con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, datato 3 maggio 2019.
“Cio’ per via – spiega la Commissione – della condanna alla pena di anni 4 e mesi sei di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, per la durata di anni cinque, in quanto dichiarato colpevole dei reati, di cui agli articoli 319 e 321 del codice penale“.
Un soggettino niente male, anche quest’ultimo. Eppure in questo racconto di un’Italia triste e sempre più disorientata siamo ormai alle soglie dell’assurdo.
LA PARABOLA DEL BISLACCO
“Credo sia grottesco pensare di dover fare una legge per imporre ai partiti di non presentare candidati ‘impresentabili’: non si può normare ciò che la morale e il senso delle istituzioni democratiche dovrebbero far apparire doveroso“, ha dichiarato, sconcertato, Morra, nel corso di una conferenza stampa a palazzo San Macuto.
“Molti gruppi politici – ha spiegato – hanno consultato la Commissione per essere aiutati ad esaminare le offerte di candidatura ed evitare cosi nomi imbarazzanti, ma lo sforzo avviato di ‘autopurgarsi’ non è stato perfetto“.
Eh no, dalla perfezione siamo ben lontani. Diciamo, anzi, che di strada da percorrere c’è n’è ancora parecchia. Intanto, magra consolazione, saltano gli altarini e, se non altro, si rimescolano le carte. La partita certo è lunga, ma è pur vero che se tutti barano è con se non barasse nessuno. Vedremo… Nel frattempo la data è prossima. Rimpasto o meno, noi proviamo comunque ad andare avanti, dignitosi.
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