La colpa è di Harry Styles
‘Immortalato’ con una mise targata al femminile. E’ così che si è presentato Harry Styles, primo maschio sulla cover del magazine Vogue USA, agghindato secondo le atmosfere retrò di un’ipotetica Emily Bronte. E, come funziona quando scientificamente si ‘procede’ per far parlare di sé, c’è chi ha storto il naso. A tenere alto il vessillo delle irriducibili – o, meglio, irriducibilmente contrarie – Candace Owens, attivista conservatrice statunitense, nota negli ambienti conservatori.
“C’è così tanta gioia nel giocare con i vestiti”, dichiara, con fare ingenuo, l’ex voce dei One Direction, sapientemente addobbato dagli abiti che portano la firma – manco a dirlo – di Alessandro Michele, direttore creativo per Gucci e indubbiamente rivoluzionario in ogni sua manifestazione o trovata. “Non ho mai pensato troppo a cosa significhi“.
Tanto è bastato, perché esplodesse la bomba.
“Non esiste società che possa sopravvivere senza uomini forti. L’Oriente lo sa bene. In Occidente, la costante femminilizzazione dei nostri uomini, nello stesso momento in cui il marxismo viene insegnato ai nostri figli, non è una coincidenza. È un vero e proprio attacco“, ha tuonato, su Twitter, la donna, rivendicando un diritto, a propria detta, inopinabile: “Ridateci gli uomini virili“.
Povero Harry Styles, verrebbe da pensare, almeno di primo acchito. Poi ci si rende conto di come la manovra sia assai più sofisticata…
“Penso che tu non conosca più la definizione di cosa sia un uomo. La mascolinità, da sola, non definisce un uomo“, si scomoda a scrivere, niente di meno che Eliiah Wood. E Candace lo rintuzza: “Non provocarmi, Frodo!“, in riferimento al ruolo che ha donato lustro all’attore, ne ‘Il Signore degli anelli‘.
C’è chi – argutamente – domanda, rivolto alla ‘nostra’: “Dimmi, perché la società non può sopravvivere senza uomini ‘virili’? La forza bruta non mantiene né migliora la nostra esistenza. L’intelligenza lo fa. L’innovazione lo fa. La creatività, sì. Queste cose non sono di genere. Né sono determinate dall’abbigliamento. Quindi cosa è esattamente dannoso per la femminilità?“.
E, ancora, di rimbalzo: “uomini e donne possono indossare quello che vogliono. Siamo nel 2020“. Una stoccata via l’altra, a rinforzare l’idea che, riguardo all’argomento gender-fluid siamo ancora – per così dirla – alle elementari.
Il sentore di una stanchezza, maturata nel tempo e più generica, rispetto alla costante tendenza nel giudicare tutto e tutti, ad un solo sguardo. Senza intenzione di capire, senza approfondire. Sena considerare un linguaggio, in questo caso quello dell’immagine, che racchiude in sé un sotto-testo che, invece, la racconta lunga…
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