Ciak, azione! E l’abito bianco si fa simbolo horror
Il corpo parla, comunica e diciamo che, per chi opera nel mondo della Settima Arte, si tratta di un vero e proprio strumento di lavoro. Tanto più quando, alla guisa di quanto accadeva nel periodo del Cinema muto, si doveva, per comunicare sentimenti ed emozioni, affidarsi alla potenza delle immagini.
In questo caso, quello di cui vi stiamo per narrare – e ci poniamo storicamente più avanti – il personaggio in questione appariva sullo schermo per meno di 5 minuti, quasi al termine della pellicola. Ciò non di meno, tanto è bastato per farne un’icona, favorito, addirittura e contro ogni previsione, dal fatto di non essere in grado di parlare. Nell’attitudine, piuttosto, di emettere suoni. Disturbanti strida, per essere precisi. Eppure, in quel girato, datato 1935, diretto da James Whale è bastato l’arco di pochi istanti per rendere indimenticabile La Moglie di Frankenstein.
STORIA DI UN SUCCESSO DISTONICO
C’è chi la considera una commedia horror, chi un’astuta allegoria queer. Fatto sta, la donna-mostro creata dal dottor Pretorius prende vita agli occhi atterriti dello spettatore, grazie al costume e alla parrucca, memorabili.
A vestire i panni della protagonista Elsa Lanchester e quel suo gioco continuo di occhi e sopracciglia. A caratterizzarla ulteriormente, dicevamo, l’abito, lungo fino a terra, bianco e abbagliante nell’oscurità del laboratorio. Le braccia, ancora avvolte nelle bende post-operatorie, castissima, eppure, a tutti gli effetti, intuibilmente femmina. Un’uniforme scevra dal tempo, grezza, ma ardua da indossare. Corre voce che l’attrice sia stata costretta a bere il meno possibile sul set, giacché recarsi in bagno avvolta in tutte quelle bende rappresentava una scocciatura e richiedeva assistenza. Ammettiamolo, faccende di ordine pratico, ma tant’è.
Ebbene, da allora, la reputazione del film è cresciuta, mentre l’immagine della sposa, addobbata con una palandrana bianca, le maniche lunghe e il rossetto nero è trasmutata rendendosi alla stregua dei costumi tradizionali di Halloween, fenomeno Pop. Negli Stati Uniti, dove la Universal detiene da sempre i diritti di quanto si proietta, appartiene, ormai, a quel calderone di soggetti che generano introiti tutto l’anno e basta entrare in qualche negozio di abbigliamento per adolescenti, per individuarne, nell’immediato, svariati esemplari, puntualmente immancabili. Un classico di genere, per capirci.
Onore al merito, in ogni caso, se persino Prada, nella sua collezione Autunno-Inverno 2019, si è protesa ad omaggiare la macabra creatura, attraverso una collezione dal tono espressamente e romanticamente decadente. Una scelta calzante, per perpetuare una tra idee cardini di Miuccia, ovvero che il brutto, e per estensione il mostruoso, ha tanto appeal e potenziale quanto la bellezza canonica, persino, se non di più, se priva di parola.
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