Quell’angolo tenebroso in cui tutti ci rifugiamo…

Quell’angolo tenebroso in cui tutti ci rifugiamo…

Bugie.. le favole ci raccontano solo bugie… o forse no. Forse, mascherano la verità, semplicemente, per rendercela meno dolorosa. Un camouflage, atto a celare il buio. Fiabe, come porta di un immaginario spesso macabro; coscienza rivelatrice di pensieri, paure, ansie… corpo, per ciò che di più intimo si cela nella mente.

Dunque, ci troviamo ad affrontare, occhi negli occhi, i nostri personali fantasmi.

Non le avete mai considerate in questo modo? Allora, evidentemente, non le avete mai attraversate nel loro più attento significato…

C’era una volta… in genere, questo è l’esordio, pregno di una vicenda felice da raccontare. Un mondo risolto, in cui tutto va bene o, almeno, così appare… fin quando non accade qualcosa e quel qualcosa, immancabilmente, smonta gli equilibri. Suona di irreparabile. Ed è da qui che inizia il racconto…

Fu, dunque, secondo il suddetto archetipo, che prese le mosse, nel XVII sec. La Bella Addormentata. Charles Perrault, nei suoi Racconti di Mamma Oca trasse ispirazione dalla vicenda narrata, a sua volta, in Sole, Luna e Talia (1634) di Giambattista Basile.

Eredità, quest’ultima, del Perceforest, romanzo cavalleresco, in prosa francese, risalente al XIV sec. Un cammino interminabile, prima di giungere alla versione, ultramoderna ed edulcorata, della Disney di cui, non di meno, si discute. Stride – la si accusa – con gli ideali odierni di parità di genere, ben lontani dal conoscerne il percorso… la lunga strada verso l’emancipazione.

C’era una volta, dicevamo ma, nella scrittura originale, il Principe era un Re. Poco male, direte. Alziamo il carico: era un Re, sposato. E quello che ci è stato presentato, per anni, come un bacio d’amore, per risvegliare colei che era stata colpita da un sortilegio era, in realtà, agli albori, uno stupro. Un avvenimento cruento, ai danni di una donna che non poteva difendersi. E c’è di più. Dopo aver fatto i propri comodi, l’uomo se ne andò, abbandonando alla propria sorte il Castello… e la Principessa. Feroce, spietato, come sa esserlo chi, da sempre, è abituato a prendersi quanto vuole.

Eccoci, di nuovo.

C’era una volta un Re che… divenuto padre della sua piccola Talia, decise di radunare a sé i migliori indovini del regno, affinché ne prevedessero il futuro. Il responso, purtroppo, fu inesorabile. Sulla bimba gravava una crudele maledizione. Era, ella, in pericolo di vita. Sarebbe rimasta ferita mortalmente da una lisca di lino. In riparo, o in previsione – fate voi – da Corte venne bandito ogni strumento, potenziale causa di pericolo. Tuttavia… ormai cresciuta, la ragazza scorse, un brutto giorno, nei pressi della propria dimora, una vecchia con un fuso. Incuriosita, la invitò a salire ma rimase punta, dando adito, pertanto, al proprio destino. Triste sorte, accomunata da quella toccata a suo padre che, per il forte dolore, dopo aver serrato tutte le porte, morì sconsolato.

Di lì passava, nei giorni a seguire, un altro Re. Cacciava, nel bosco. Ebbene, quando si trovò di fronte le porte sprangate della fortezza oramai inespugnabile lo colse, intuibile, la voglia di penetrarlo. Scorta la giovane, la depose su un letto e lì giacque, con Lei. Poi, sazio, tornò a casa.

Nove mesi dopo, vennero alla luce due gemelli, di cui si presero cura due fate. Affamati e in cerca di latte da succhiare, i piccoli finirono per attaccarsi, in un’occasione, al dito della madre, finendo per estrarre la fantomatica lisca. L’inizio, per tutti, di una nuova e rallegrata esistenza, con tanto di ritorno da parte del Re e la promessa, poi, di una vita insieme.

Non aveva fatto i conti, il nostro, però, con la gelosia della sua legittima sposa. Costei, colma d’ira, incaricò un servo di catturare i bambini, Sole e Luna, e di ucciderli e poi darli in pasto al loro padre. Non così scellerato era il cuore del cuoco che, impietosito, sostituì le loro carni con quelle della selvaggina. Non paga, allora, la regina, fece chiamare al suo cospetto anche Talia. Ordinò che fosse data alle fiamme ma, prima, volle che fosse espropriata delle vesti e di tutti i suoi beni. Ed ecco, nuovamente, sopraggiungere il re, pronto a riparare, stavolta, i vari misfatti.

Ordinò che la moglie fosse gettata nel fuoco; ripagò il cuoco per aver risparmiato i bambini e convolò a nozze con la sua Bella.

Talia gaudette longa vita co lo marito e co li figlie, canoscenno a tutte botte ca a chi ventura tene quanno dorme perzì chiove lo bene“, si conclude. Ossia: “Coloro che sono baciati dalla fortuna/ Trovano la fortuna anche nel sonno“. Il sipario si chiude e tutti visserofelici e contenti.

Ma siamo sicuri? Dietro, oscurato da un tendaggio di parole, c’è quel male insito negli uomini, belve tra belve. Loro si tradiscono, si fanno reciprocamente male; senza dar spazio al perdono, senza consolazione. Loro, maschi e femmine, si riempiono d’odio, si saziano d’astio, appena capaci di godere di brevi e rari attimi di felicità. Artefici delle loro stesse sofferenze. Protagonisti di una storia nera, sempre uguale, sempre ripercorribile.

La si potrebbe fermare, solo volendo…

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