Per Natale, quel viaggio autentico tra i sapori d’Italia

Per Natale, quel viaggio autentico tra i sapori d’Italia

Ad un passo da brindisi e riunioni tra parenti e amici, ecco cosa ci racconta la storia, per quel che riguarda la tavola…

Regione per regione, a ciascuna la sua ricetta

COMINCIAMO DAL NORD

  • In Valle d’Aosta, la ritroviamo nell’elenco dei piatti, protagonisti delle Feste. La Seupa a la Valpelenentze eredita il nome, appunto, dal comune di Valpelline, piccolo borgo incastonato tra le Alpi, dove i prodotti tipici locali vengono, tuttora, sapientemente valorizzati. Una ricetta di recupero, atta ad evitare lo spreco del prezioso pane bianco, ormai raffermo, acquistato apposta per i bambini e gli anziani. Risultato, una sorta di zuppa, stratificazione che comprende anche la fontina, bagnata quanto basta dal brodo di verza e poi infornata con qualche fiocco di burro, leggermente aromatizzato alla cannella. Un piatto di sostanza, dal profumo di montagna
  • Rientra tra i classici del Piemonte, frutto di una preparazione complessa, dal sapore antico, tanto da esser già presente, nelle tavole di noi Italiani, ai tempi del Conte di Cavour. Deve le sue origini, del resto, alla tradizione dei grandi mercati bovini, diffusi in tutta la regione. Il Gran Bollito Piemontese rispetta criteri precisi, che ruotano intorno al numero sette. Rappresenta, quest’ultimo, i diversi tagli di carne utilizzati nella ricetta, ma anche la quantità di salse e ammenicoli, accompagnamenti di altre carni, cucinate a parte

QUELLE POLPETTE SPECIALI…

  • A differenza di altri piatti della tradizione, preparati nell’arco dell’intero anno, i Natalini – lo suggerisce il nome stesso – sono d’obbligo, in quel di Genova, solo nel periodo festivo. Penne lisce, a base di farina di grano duro, dal valore propiziatorio. Stando alle convenzioni liguri, infatti, vengono servite in brodo di cappone, in accompagno a polpettine o salsiccia sbriciolata, a simboleggiare le palanche, le antiche monete in rame, di uso locale
  • Lodi si scosta dalle tendenze legate alle usanze del nord, per valorizzare, invece, i propri prodotti. Ecco, allora, che il riso si rende protagonista. Da queste parti, sono circa 2.000 gli ettari dedicati alla sua coltivazione. Tra le diverse varietà, il pregiato Carnaroli, base ideale per un perfetto Risotto alla Lodigiana, insieme a tutta una serie di ingredienti, legati anch’essi al territorio: la salsiccia, dal sapore non troppo forte; il pannerone, formaggio a base di crema di latte per la mantecatura e la Raspadura, servito a scaglie, per il gran finale
  • La cucina del Trentino-Alto Adige è il risultato di una fusione di culture, capaci di donare alle pietanze un che di esotico. Così, a Natale, oltre agli immancabili Canederli, è la carne a fare da protagonista e, in particolare, la selvaggina, che viene puntualmente accompagnata da verza stufata, crauti, patate o polenta. Da tradizione alpina, i sapori forti vengono, in sintesi, bilanciati, dalle spezie o dai frutti di bosco. Tra i grandi classici ritroviamo il cervo in salsa di ginepro e lo spezzatino di capriolo, servito con marmellata di mirtilli rossi

COMMISTIONI

  • Immancabili, sulle tavole degli abitanti della Carnia, altrimenti… non può considerarsi Vigilia. Gli Cjarsons, primo piatto di magro, nato in questa regione e diffusosi, con molte varianti, in tutto il territorio circostante, hanno il vezzo di non attenersi ad una ricetta definita. Rappresentavano – difatti – l’idea in più, per valorizzare ciò che si aveva in casa, esaltandolo con il classico mix di erbe, ma anche biscotti sbriciolati, cioccolato, fichi secchi e rum. Questo perché, quando i venditori ambulanti tornavano dai loro viaggi oltralpe, portavano con sé gli avanzi dei loro commerci, rendendo la cucina del posto ricca di sapori
  • A Venezia, l’Epifania è una festività molto sentita, tanto che, ogni anno, le viene dedicata una regata. Tuttavia, un’altra tradizione è altrettanto vissuta, quella – cioè – del Pan e vin. Trattasi di una festa propiziatoria, di origine contadina, che prevedeva, nella notte tra il 5 e il 6 di gennaio, l’accensione di fuochi beneaugurali. Si mangiava, inoltre, la Pinsa Veneziana, una torta a base di farina di mais o pane raffermo, arricchita con uvetta, frutta secca e semi di finocchio. Usanza vuole che la torta sia avvolta in foglie di verza e cotta sotto le braci dei falò e in ogni casa che si rispetti, ancora, è in auge

AL CENTRO

  • In Toscana, non c’è pranzo di pranzo di Natale senza pasta fresca, servita nel classico brodo di cappone. Eppure, nella Valle del Casentino, a 50 km da Firenze, esiste una gustosa variante. Si tratta del Collo ripieno, o pollo in galentino. La pelle dell’animale, in pratica, viene utilizzata come budello, per avvolgere un misto di carne, interiora e altri aromi. Una volta bollito, il brodo che ne deriva è particolarmente aromatico. Abitudine vuole che il collo venga consumato il giorno a seguire, per la festa di Santo Stefano
  • Un dolce che arricchisce le tavole emiliane, nei giorni di fine anno, è il Panpepato. La storia – pensate – è legata al recupero di una vecchia ricetta rinascimentale, da parte delle monache del Monastero Corpus Domini di Ferrara, nel ‘600. Le suore volevano creare un preparato che valorizzasse il cacao, ingrediente nuovo per l’Europa, ideale, da offrire alle personalità importanti. Non a caso, il nome deriva da Pan del Papa. A comporlo, dunque, cioccolato, mandorle e canditi. Un fine pasto d’eccezione, per le occasioni natalizie

SEMBRA, MA NON E’

  • Pietanza tipica di Perugia, la Parmigiana di Gobbi piace, però, a tutti gli umbri, tanto che ogni famiglia possiede la propria ricetta. Si tratta di un contorno sostanzioso, da preparare al sugo o in bianco, con la besciamella. Il principio rimane quello di una classica parmigiana ma, al posto delle melanzane, la fanno da padroni i cardi gobbi, fritti e conditi con sugo e formaggio, per poi essere infornati. Il segreto per una risultato infallibile sta nello scegliere prodotti di piccole dimensioni, ancora teneri e croccanti
  • La sera della Vigilia – in molti lo sanno – il menù prevede l’assenza di carne. Per questo, il piatto principe della tavola romana è la Pasta e Broccoli in brodo di Arzilla. Una vera delizia, ricca di sapori e fortemente legata alla cultura popolare della città, a base di broccoli e razza. Un piatto povero della tradizione che, ancora oggi, ritroviamo, in virtù delle feste natalizie, nella Capitale

UN PIATTO, DA ACCADEMIA

  • Lo Stoccafisso all’Anconetana spicca in tavola, la sera del cenone, ma è anche uno tra i piatti bandiera della gastronomia marchigiana, tanto da fondare persino un’Accademia, a tutelarne l’unicità. A base di stoccafisso e patate, viene cucinato da oltre 500 anni; da quando – cioè – un mercante tornò da uno dei suoi viaggi, portando con sé il prodotto, allora sconosciuto, dalle Isole Lofoten. Il segreto per una buona riuscita è la cottura lenta del pesce, che segue quella delle patate, tagliate – proprio per questo motivo – in pezzi abbastanza grossi
  • Parliamo ancora di brodo, spostandoci, stavolta, in Abruzzo. Ogni città, come prevedibile, ha la sua variante, ma, alla base, c’è sempre la carne, sapientemente arricchita con altre preparazioni. A Pescara, al brodo di gallina vengono aggiunte, in cottura, l’indivia, le polpette, fatte con macinato di vitello e una frittata, di sole uova e formaggio, tagliata a tocchetti. Il risultato è una commistione di sapori e consistenze unica, dove la sapidità di ogni ingrediente esalta quella degli altri, vera e propria prelibatezza per il palato
  • Spostiamoci in Molise. Il Baccalà arracanato, attraverso ingredienti e preparazione, è in grado di raccontare la storia di questa regione. Tradizionalmente accompagnato da patate e insaporito con origano e pomodorini, l’ingrediente, una tempo povero, viene arricchito, al giorno d’oggi, con l’aggiunta di uvetta e mollica di pane, adoperata per la gratinatura. Il tocco in più è fornito, poi, dalla cottura, eseguita rigorosamente sotto le ceneri del camino 

AL SUD

  • Nella tradizione campana, il Natale è un carosello di piatti che affollano la tavola, stordendo persino i commensali più allenati. Tra tutti, la Minestra Maritata è tra le pietanze che meglio rappresenta il momento delle feste. A base di carne e verdura, veniva infatti preparata come gesto benaugurale, già ai tempi degli antichi Romani. Il segreto consiste nell’equilibrare gli ingredienti, in modo da esaltare consistenze e caratteristiche di ogni elemento. In tal maniera, la dolcezza delle scarole e delle bietole si alterna all’amaro dei broccoletti e della borraggine e così via
  • Parlando di panzerotti, in Basilicata non possono non venire subito alla mente i Calzoncelli di castagne, dolci tipici della tradizione natalizia. Si tratta di fagottini fritti, a base di frolla e ripieni di crema di castagne, spolverati, poi, con zucchero a velo o miele. Ghiottoneria, assai diffusa nell’area compresa tra Campania e Basilicata, la versione lucana si distingue per le dimensioni, ridotte, e le sembianze di un raviolo. Sapori antichi, tramandati di generazione in generazione, ad accomunare grandi e piccini

OPERE D’ARTE

  • Le Cartellate sono diffuse in tutta la Puglia, fino a sconfinare, addirittura, in alcune aree della Basilicata. Di base, si tratta di dolci di pasta fritta e dalla forma spiralica, ricoperti di miele o vin cotto; sciroppo – quest’ultimo – derivante dalla riduzione del mosto. Le varianti – però – possono essere infinite e superare il numero di nomi utilizzati da ciascun comune pugliese, per indicarle. Nella tradizione cristiana, la forma e il colore ricordano l’aureola del Bambin Gesù ma, secondo alcune testimonianze, se ne trova traccia persino tra i Faraoni dell’Antico Egitto
  • In Calabria, la Pitta ‘mpigliata è un dolce originario di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, le cui tracce si perdono – non di meno – nella notte dei tempi. Quando ancora il territorio era parte della Magna Grecia, veniva, infatti, offerta alle dee in segno di devozione e, successivamente, fu il dolce dedicato alla Vergine Maria. Proprio per la sua destinazione e per la complessità della preparazione – tre giorni in totale – la ricetta, a base di frutta secca, dalla forma di una torta di rose, viene consumata durante il Natale e, in genere, nelle ricorrenze
  • Dite Scacciata, vi risponderanno Catania. Stiamo parlando, nello specifico, di pasta di pane stesa, schiacciata e accompagnata con verdure di stagione o avanzi vari. L’origine – va detto – si perde nella notte dei tempi, tanto che, durante il Regno di Sicilia, la preparazione era già diffusa in tutta la regione, con nomi diversi. E’, però, nel 1763 che divenne un piatto delle feste, grazie al principe di Paternò, Moncada, che la volle sulla sua tavola, proprio il giorno di Natale. La tradizione del 25 dicembre richiede che venga farcita con salsiccia ma, nelle case siciliane, la si trova ripiena di formaggi, olive, cipolle e patate

PER PALATI CORAGGIOSI…

La Sardegna si divide, da sempre, fra terra e mare, con piatti che riflettono la doppia anima di una regione forte e selvaggia, ma anche aperta alle contaminazioni e all’accoglienza. Sulla tavola, dunque, nel periodo di Natale, non mancano le Orziadas, ovvero gli anemoni di mare, impanati nella semola e fritti nell’olio d’oliva. Una preparazione non per tutti – gli anemoni contengono sostanze tossiche – ma da provare assolutamente, se si è alla ricerca di sapori autentici

LEGGI ANCHE: Scrippelle ‘mbusse: se non è Natale questo…

LEGGI ANCHE: Tempo di Feste: accomodiamoci a tavola a suon di tradizione