Ieri, come oggi: a tutta Pizza
Buona… sempre. Adatta in tutte le occasioni. L’alimento, insieme al riso, più consumato al mondo. Un sempreverde, nella sue versioni più classiche. Una fonte di ispirazione – e di innovazione – nelle interpretazioni, più ardite e moderne.
Versatile, malleabile, adattabile a tutti i tipi di gusti ed esigenze. Insomma… pizza. Dichiarata, nel 2017, Patrimonio immateriale dell’Umanità (ieri si è festeggiato il World Pizza Day). Difforme per dimensioni, per formato, per ingredienti, ormai rappresenta un vero e proprio inno alla creatività e alla sperimentazione, anche se puristi e non sono concordi nel bandirne, ad esempio, la rilettura all’Ananas. Pizza Hawaiana? Non s’ha da fare, avrebbe commentato – un tempo – qualcuno. Apprezzata, invece, diversamente che dalle nostre parti, in Australia, Stati Uniti, Belgio e persino in Asia Orientale.
Del resto, il mondo cambia… e i gusti pure.
Va anche considerato che, Paese che vai… usanza che trovi. Vale a dire che, nell’interpretazione non strettamente nostrana, si tratta di aggiungere, tra gli ingredienti, ananas sciroppato, peperoni sottaceto, prosciutto…Roba, da storcere il naso.
Reticenti o meno, chi ne perora la causa, rivendica la possibilità di lavorare sulle materie prime. Indovinando gli abbinamenti, in sintesi, la faccenda cambia. C’è, di contro, chi difende a spada tratta la tradizione.
Osteggiata, persino da Gordon Ramsay. Fatto sta, punti di vista…
Divisiva, di certo, rimane, ormai, fatto stabilito l’allure Internazionale di un piatto, senza dubbio, poliedrico.
D’altronde, il nome stesso ha derivazioni latine. Ha a che fare con il ‘pippiare‘ che, in gergo, significa schiacciare con le mani. Senza considerare le influenze greche: la Pita e l’antica Pinsa romana.
E, poi, c’è chi va oltre. L’ultima provocazione di Gino Sorbillo? La pizza con il ketchup, ketchup di datterino, sia chiaro. Ma tant’è!
E, poi, c’è la pizza Made in… Briatore.
“La mia pizza preferita è la Margherita, ma da noi si può mangiare anche la pizza con caviale e salmone e con il Patanegra, il prosciutto spagnolo”. Il Patron del Crazy Pizza prende le distanze dalle spericolatezze alimentari: “Non faremo mai la pizza con l’ananas, manteniamo la tradizione“.
Ciò non di meno, il manager resta convinto del suo business e punta, ancora, ad espandersi. Attualmente, i punti vendita in giro per il mondo sono una trentina. C’è quello in via Veneto, nella Capitale. Due, se ne contano a Riad, nel Kuwait, nel Bahrein e prossimamente anche Napoli e Capri diverranno protagoniste di un’espansione, che conta di arrivare ad un numero complessivo di almeno 50 sedi.
“Il business sta andando benissimo. Credo che molto successo sia dovuto all’impasto… senza lievito, appena lo 0,5%. Quindi, la nostra pizza è molto digeribile“, spiega l’imprenditore. Quanto al prezzo, ribadisce che si tratta di ‘esperienza’. Sedersi ai tavoli dei suoi locali prevede “una carta dei vini importante, con italiani rossi e bianchi e lo champagne e poi c’è l’intrattenimento con il Dj e lo ‘spinning pizza’, ovvero la pizza acrobatica. Inoltre, tutti i dolci vengono composti davanti al cliente. Si paga il servizio e le location“.
Crazy Pizza… o solo Pizza. Di fatto, vanto Nazionale, prodotto d’esportazione. Emblema delle capacità delle maestranze del Belpaese e della qualità di ciò che l’Italia sa offrire. E su questo, siamo tutti d’accordo.
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Parliamo di …PIZZA