Storia di un’Italia dal risveglio sconsolato

Storia di un’Italia dal risveglio sconsolato

“La battaglia del possesso l’abbiamo perduta subito. Era prevedibile, ma non in questa misura”.

Eccolo, lapidario, sincero, scevro da lustrini, il commento immediatamente post partita del Ct della Nazionale. Certo, non dovevamo ‘sopravvalutare’ l’avversario e questo è pur giusto, nel momento in cui ci si pone nella condizione di voler vincere ma, volendo dar retta al linguaggio del corpo, la faccia di Spalletti è sconsolata, così come gli occhi, che puntano verso il cielo.

Assomiglia, forse, la fisiognomica, a quella di tanti spettatori da casa, altrettanto increduli, destabilizzati, provati, stizziti. Non tanto per via del risultato. ‘Non sempre si può vincere‘, recitava il testo di una celebre canzone dei Rokes. ‘Bisogna saper perdere. E allora cosa vuoi?…‘, proseguiva.

Se tra noi due‘ – potremmo idealmente continuare noi – ‘Madama Fortunaavesse scelto invece te, ora te lo giuro, in silenzio sparirei‘. Già, la Dea Bendata… ma siamo sicuri che, qui, in questo stralcio di minuti, c’entri davvero solo Lei? Certo, a rifletterci, sembra il Campionato degli Autogol. Si segna, insomma, non tanto – o soltanto – per via del personale talento. Piuttosto, perché è il diretto antagonista a spianare la strada, autoinfliggendosi una pena di cui, evidentemente, sarà costretto a caricarsi sulle spalle le conseguenze per lungo tempo. Almeno – questo è certo – finché non termineranno le voci, i commenti, le critiche… quel bisbigliare di sottofondo stancante e umiliante insieme, che finisce solo per logorare chi ne è vittima.

Con il senno di più, de resto – è noto – si fa poco né, tanto meno, con i sé e con i ma.

Dunque, l’analisi dell’allenatore è subitanea, diretta; ha il sapore amaro della conoscenza e dell’esperienza, cosciente l’uomo, prima di tutto, che così non va. E ci ha provato, in effetti, nel corso di quei 90 minuti – poco più poco meno – a cambiare le cose. Finito un primo tempo ‘soffocante’, per la superiorità di una Spagna perennemente alla carica, ha cambiato, rimpastato, rimodellato la squadra, spostando i giocatori come pedine sul campo, nel tentativo di ristabilire gli equilibri, rimodellare una composizione, infiacchita e sopraffatta.

Il suo sguardo, prima ancora delle urla, al di là dello schermo raccontava di un’analisi consapevole e affranta di un’andamento che non mirava a mutare. “L’Italia non ha mai dato la sensazione di riuscire a non perdere“. Grave. Ancor più grave del resto. Ancor più assurdo di giocatori mancati, assenti, latitanti. “C’è stata troppa differenza da un punto di vista di brillantezza“, racconta, laconico. Compassati, i suoi, a fronte di una Spagna nel pieno della lucidità tecnica, e poco inclini a reagire. Scollati, in una dimensione di campo in cui ognuno è necessario. Tutti… tranne uno, ovviamente. Indiscutibile – e indiscusso – il talento di Donnarumma, definibile con l’appellativo di ‘uomo dei miracoli‘. Riassunto Lui, capitano, della perseveranza a non cedere, dell’orgoglio nel dimostrare quel che siamo e quanto valiamo o… quanto vorremmo valere.

Uno da solo, però, non basta. Persino quando, in virtù dell’azione finale, si porta avanti, insieme a tutti i suoi compagni, nel tentativo disperato di invertire i giochi e ribaltare le parti.

Niente da fare. Nonostante pure le lungaggini – ci riferiamo ai minuti di recupero, presenti in larga scala in questo Campionato – la sorte ci ha voltato le spalle.

Noi, certo, non l’abbiamo agevolata, consentendo al ‘nemico di gioco’ di mantenere il possesso palla per la maggior parte del tempo. Tant’è, ci ritroviamo, adesso, in attesa di un nuovo incontro/scontro, quello con la Croazia, motivata almeno quanto noi nel portare a casa il risultato.

Come è che recitava, ancora, la canzone? “Quante volte lo sai si piange in Amore. Ma per tutto c’è sempre un giorno di Sole…“. Ecco, speriamo che quel giorno di Sole, l’occasione per strapparci un applauso e un sorriso arrivi presto. Magari lunedì 24 e ci trovi – stavolta – combattivi, volitivi, motivati, ruggenti, come quando, inaspettatamente e di cuore, riusciamo a regalare il meglio di noi.

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