Avremmo voluto – e dovuto – essere noi…
Il cielo si illuminava. Inviava schegge improvvise di luce – ci riferiamo a quanti abitano nei dintorni di Milano e, più in generale, nelle regioni del nord Italia. Dalle altre parti della penisola si boccheggiava, con un termometro che ha sfiorato, per buona parte della giornata, i 40 gradi. Fatto sta, l’Italia, divisa dalle temperature, si ritrovava ancora una volta riunita davanti allo schermo televisivo, per assistere ad un incontro, carico di aspettative e di promesse. Ieri sera, alle 21.00, si dibatteva, difatti, Francia–Olanda, con l’esito che oramai tutti conosciamo: 0-0.
Una parità, tuttavia, che non ha di certo annoiato coloro che, per trascorrere qualche ora spensierata, si sono sintonizzati su piattaforme e reti tv, per godere di un incontro che, magari, come Nazionale, non ci riguardava da vicino – non per ora, almeno, stando le cose come stanno – ma ugualmente ci ‘chiamava’.
L’invito era a risollevarci lo spirito e ad assistere ad uno spettacolo, assai simile a quello a cui avremmo voluto assistere la sera precedente. Come avremmo voluto giocare o, meglio, come avremmo ‘dovuto’ giocare, secondo i pronostici di una squadra, la nostra, a cui i presupposti per fare bella figura – davvero – non mancavano.
Insomma. Ier sera, scontro aperto, dignitoso, ben congeniato tra due ‘prime della classe’. La Francia di Deschamps, forse un po’ troppo presuntuosa ma ci sta. E’ nella sua indole e l’Olanda, meritevole del punto che la tiene in testa al Girone D, per via della differenza reti.
Alla fine Mbappé è rimasto in panchina, vero. L’espressione leggermente tediato. Questione di precauzioni. Tuttavia, si è combattuto lo stesso. I primi, più forti, almeno su carta. Gli avversari, potenti per per temperamento; motivati, veloci. Insomma, non certo una banda di improvvisati.
Tanto che, alla fine, il goal lo ha segnato proprio l’Olanda, con Simons. Buon per la Francia che il guardalinee abbia individuato ‘qualcosa che non quadrava’. Complice la Var, tutto da rifare. C’è poco da fare, in tal senso. Siamo abituati, oramai, ai colpi di fortuna che costellano le espressioni dei giocatori d’Oltralpe (quelli che abitano sotto l’ombra della Torre Eiffel, intendiamo).
Tant’è. Lo scontro si è concluso, alfine, paritario. Merito delle parate di Maignan. Colpa degli errori di Rabiot prima e di Griezamann dopo, che quasi incespica davanti al portiere. Insomma, nel sunto, più Francia che Olanda – lo attesta il conto del possesso palla – ma le ripartenze degli Orange si sono rivelate sempre velenose. E se la Francia parte da dietro, con una fitta ragnatela di passaggi e a ritmo basso, l’Olanda – dal canto suo – lascia fare, non aggredisce, preferisce aspettare e provare a ripartire.
Un gioco delle parti vincente, lo diciamo a favore dello spettatore che, incollato ad osservare azione dopo azione rimane coinvolto, interessato da un continuo rimbalzo degli equilibri. Non si segna? Poco importa, poiché non si registra immobilità. Si sfoderano idee. Ci si butta, come è giusto che sia. Si attacca, a volte si improvvisa, più da una parte, forse, che dall’altra. Si è partecipi, in definitiva, dentro e fuori dagli spalti, di quel che sta accadendo.
Quando l’arbitro fischia, terminati anche i minuti di recupero, a casa ci si alza dal divano, comunque pieni. Saturi dell’emozione di cui siamo rimasti orfani solo 24 addietro. Ecco, non stiamo qui a descrivervi, nel dettaglio, passaggio per passaggio che, questo lo lasciamo fare ad altri, notevolmente più esperti di noi. Ciò nonostante, non possiamo esimerci dal far notare quanto sopra.
L’Italia, quell’Italia che avremmo immaginata lì, in quei minuti, cuore a cuore con la propria missione, ci ha, in qualche modo, abbandonati. Ieri, alla luce dei nuovi fatti, l’abbiamo rimpianta. Ne abbiamo percepito la nostalgia. Quel che davvero non sapremmo perdonarle è che ci tolga, prossimamente, financo la speranza.
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