Quando gli Azzurri valevano poco poco…

Quando gli Azzurri valevano poco poco…

Ci viene da commentare che, un po’, potevamo immaginarcelo. In tempi di Calciomercato, esperienza insegna che ogni mossa – giusta o sbagliata – ne determina – infatti – altre, altrettanto decisive.

Così è, da sempre. Dunque, le valutazioni degli Azzurri – reduci dal disastro – non potevano passare inosservate all’occhio dei potenziali acquirenti. Aperti da poco i battenti, in sintesi, Piazza Affari, dai prezzi dei cartellini alle pretese sugli ingaggi, denuncia un vero e proprio crollo, merito/colpa il mediocre Europeo della squadra di Spalletti.

Prendiamo, ad esempio, in esame Chiesa. In chiusura di un torneo a zero goal e zero assist, la cifra di 35 milioni che lo qualificava a fine Campionato – volendo, la Juve sarebbe stata disposta a scendere fino a 30 – oggi si riduce a 20 (bonus vari annessi, certo). Dato considerato, il contratto in scadenza e la volontà di Roma e Napoli di acquistarlo. Resta sempre aperto lo spiraglio Bayern Monaco, ma le illusioni languono.

Idem dicasi per Retegui. Il Genoa ha voluto azzardare, rinviando le trattative che riguardavano l’italoargentino a dopo Europei, ma rischiare è valso a poco o a nulla. I 25/28 milioni di euro del suo valore in rossoblù si sono drasticamente ridotti, dato il ruolo da comparsa delle ultimissime giocate, a circa 18/20 milioni, al massimo. Tradotto: il calciatore appare, ora, nelle vesti di riciclato, nella speranza – almeno quella – che lo si possa riproporre come investimento fruttuoso l’estate prossima.

Parliamo di Di Lorenzo. A seguito delle pessime prestazioni in Germania, la sua valutazione è in picchiata: da 15 a 7-8 milioni. Conte, tuttavia, insiste nel trattenerlo. Thiago Motta, a sua volta, non demorde con una corte serrata. Buon per lui. Resta immutato – invece – il valore (35 milioni) di Buongiorno e Bellanova (20), che, per fortuna, in campo non si sono mai presentati. Persino le quotazioni di Frattesi calano, da 35 a 25 milioni, risorsa in ogni caso preziosa per Inzaghi e, accanto, pure quelle di Raspadori, da 25 a 15 milioni. Scamacca se la cava con una debacle ‘misurata’, così la potremmo definire. Anziché i 35 milioni pre-Europeo si attesta sui 30 attuali, graziato dalla stagione indiscutibile con l’Atalanta.

Tutto da rifare, riassunto? Qualcosina, in verità, si salva. Ne esce vincente – dato evidente – l’incontrovertibile abilità di Donnarumma in qualità di portiere, orgoglio – Lui sì – di una Nazionale in linea generale spenta e affievolita e passa, il nostro, da un prezzario i 40 a 60 milioni di euro. Zaccagni, provvidenziale per la qualificazione agli ottavi, ne guadagna, a sua volta: da 20 a 30 milioni. Poi, ultima ma non ultima, c’è la ‘sorpresa’ Calafiori. Tutti – o quasi – sarebbero disposti ad accogliere tra le proprie risorse il difensore del Bologna (si vocifera addirittura di un sondaggio del Manchester United). Ciò premesso, i 40 milioni iniziali lievitano fino a 50.

Di sicuro, il calciatore può puntare a un ingaggio da top player.

Ciò nonostante, volendo fare i conti della serva, il drastico calo prestazionale ha risucchiato di grosso il valore della rosa: quasi 100 milioni, in tutto. Soldoni, sfumati da 705 a 610, in men che non si dica. Non poca cosa – avrebbe sottolineato Zio Paperone – ma nel percorso alla monetizzazione non esistono comprensione o pietà e la maglia Azzurra, che tanto ci inorgogliva, finisce adesso per assumere le tinte buie di un precipizio, nero e profondo, dal quale – noi artefici della faccenda – ci auguriamo di risalire al più presto.

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