Diario di A.

Diario di A.

Atto III: “Innamorata di me

Della serie: la ruota gira, cari miei! Così, non è sempre detto che seguire la propria strada, rischiando di perdere il resto – quel che c’è di sicuro, intendo; di stabilito – sia davvero e necessariamente un male. Saper correre il rischio… E’ diventato un Mantra.

E’ in questo modo, con l’idea fissa che mi affolla la testa, che ho intenzione di vivere i prossimi giorni, le settimane a venire, i mesi… Cercando di ascoltare ‘unicamente’ me. Non il cervello, che i ragionamenti, spesso, confondono. Ci si ‘incarta’ nei pensieri e si perde in spontaneità.

Mi riferisco, invece, a quel terzo occhio che a tutti attiene. La voce che parte dalla pancia – vi dicevo in precedenza – e che difficilmente sbaglia. Commettiamo noi, piuttosto, un errore, nel rifiutarci di ascoltarla. Codardi, pavidi, pusillanimi… non abbiamo il coraggio di metterci in gioco. E’ tanto più comodo crogiolarsi nei rimpianti. Giocare ad illuderci che un giorno… nutrendoci di quei: “Certo, avrei potuto, ma…“. Già: ma, se… e poi che rimane?

La vita, nel frattempo, scorre e cammina a passo celere. L’unica vera ricchezza della quale non esiste risarcimento è il tempo e, allora, la novità è che non posso più permettermi di perderne. In nome di nessuno. Per nessuno.

Faccio le valigie, dunque. Le preparo, per ora ma ancora per poco, in maniera astratta. Presto saranno pronte, di fronte a me, nel concreto. Per traslocare in un posto che si presenta davanti ai miei occhi come una sorta di foglio bianco. E’ tutto ancora da scrivere. Non so neppure, al momento, se preferisco inserire i dialoghi tra un insieme di righe o quadretti. Se non sia meglio, invece, un A4 lindo dove disegnare, colorare, dipingere un soggetto astratto, magari.

Qualcosa, in ogni caso, che mi assomigli, che presenti i tratti della mia Me di adesso, rughe comprese, se ci sono. E se il cuore, talvolta, perde i battiti nella titubanza dell’ignoto, l’aspettativa sale e la voce si fa forte, nell’istante in cui rifletto su cosa, in effetti, non mi stia più bene.

Ricordate il famoso decluttering? Ecco, è in pieno corso e – ve lo avevo accennato – non è che sia tutto da buttare ma non posso negare che si vadano, man mano, ad aggiungere elementi nuovi. Persone, che finiscono per acquistare un peso diverso. Un’importanza, che si stanno arrogando da sole.

Sia chiaro, il proposito è non forzare i tempi, le scelte; né condizionare alcuno o alcunché. Sono innamorata… Sì… la risposta è Sì ma l’accento è posto su due occhi verdi, i miei, ancora capaci di dimostrarsi vivi e intensi e attraversare quelli di chi mi sta di fronte, scavando più che possono, più ancora che per comprendere, per dare. Donarsi: visceralmente, senza riserve.

Vi è mai capitato di fare un giro larghissimo, per poi trovarvi al punto di partenza? Ecco, è vero, forse sto, in questa mia necessità di viaggio, tornando indietro ma è la prospettiva con cui guardo le cose che è diversa e differenti sono anche le reazioni dei miei interlocutori. Se arrivo morbida – sto scoprendo – mi è più facile entrare. Magari era così anche prima ma, davvero, la paura non mi aveva permesso di farci caso…

Allora, ho iniziato a coltivare dolcezza. Semino verità e, forse, per la prima volta da tanto, raccolgo.

Parole, che si sommano a fatti. Quando ci si mette a dieta, i professionisti sconsigliano di correre. Meglio avere risultati lenti ma continuativi. Idem, per quel che mi riguarda. Non ho fretta. Ho, però, fretta di continuare. Un passo alla volta, vedo muoversi il mondo che mi si pone davanti. Lo vedo accogliermi o rifiutarmi e aiutarmi, in tal modo, a scrivere questa mia nuova storia con una calligrafia che si presenta assai più autentica della precedente.

Non so ancora che scarpe indosserò per aprire la porta di casa e mettermi in moto. Le vorrei comode ma anche sexy. Sì, sexy… era un termine che non mi trovavo ad usare da tanto. Troppo… Né, tanto meno, il verbo volere. Non me lo sono permesso, tanto mi pareva distante. Neppure l’adoperarlo, modulandolo al condizionale.

Desidero – pertanto – notti lunghe e accese. Desidero bocche che si sfiorano. Lingue che si intersecano… Desidero pelle, la mia pelle, a contatto con… Piacere. Miro al piacere, che è la mia nuova città di riferimento e che non si traduce in un atto di lussuria. Non è un peccato il mio, se non veniale.

Per piacere considero, più nettamente, quell’assaggiare la vita – tutta – con intensità. Cogliere gli attimi, per quel che rappresentano e accoglierli appieno, come già ho iniziato a fare. Lasciare indietro, solo una scia di ricordi di cui andar fiera. Avventurarmi, senza indugio, in un futuro che non ho velleità di prevedere o stabilire. Più bello viverlo. Ascoltarlo e goderne, attimo per attimo.

Abbandonarmi, libera. Non pretendo che il mondo si giri e mi guardi. Mi basta un solo essere umano. Quello giusto, semmai e se non dovesse esistere, beh, ci sarò Io a prendermi cura di me. Forse, ma solo forse, ci sarà un cagnolino. Strano come si cambia… ne ho sempre avuto il terrore e invece, adesso…

Allora mi chiedo: Quanto conta l’accoglienza? Quanto avvicina l’assenza di giudizio? Come si fa a trasmettere fiducia, ad onorare con rispetto gli altri, affinché ci si incammini assieme? E’ tanto più bello prendersi per mano e lo so, non è sempre possibile ma quando accade, se accade… Ecco…

Vi aspetto. Attendo i vostri consigli, i commenti, gli sfoghi, o tutto quel che vi attraversa la mente. E’ un portfolio di idee e riflessioni questo e quel che se ne ricava – ne sono convinta – può rivelarsi in ogni caso utile, non soltanto per me…

Scrivetemi! Scrivete a Diario di A.: evamielefederica@gmail.com Sarà un piacere ascoltarvi, rispondervi, confrontarci insieme…

ATTO I: “Le suggestioni

ATTO II: “Le decisioni