Diario di A.

Diario di A.

ATTO V: “Volere volare…”

…o, quanto meno, imparare a farlo!

Sganciare la cloche e librarsi in aria, liberi da vincoli.

Lo sforzo, nei tentativi, mi mangia. Devo ammetterlo, mi devo essere sopravvalutata perché mi scopro assai più fragile di quel che pensavo. Riposizionata, come avessi effettuato un imprevisto salto all’indietro. Un’acrobazia, che solo per effettuarla richiede una quantità spropositata di forze.

Per di più, il risultato è che mi riscopro indifesa, bambina, diffidente e tanto, tanto stanca. ‘Che sia resistenza al cambiamento?‘, mi domando. Mi chiedo come sia possibile aspettare anni – non mesi – anni – per poter riscrivere gli accadimenti e, nel momento in cui cui ci si trova con la penna in mano – avere voglia di alzarsi dalla scrivania e correre… sull’altalena.

Sono così codarda? Chi è questa me ridicola che, a dispetto della protervia in avanti, mi tiene – invece – drasticamente ancorata alla terra che mi ha ospitata finora? Oppongo resistenza. Ingaggio meccanismi di difesa e più mi incaponisco nel voler mantenere l’equilibrio, più mi sfianco. Fiacca di energie che si diradano man mano, mi sono, allora, posta nelle condizioni di lasciar spazio alle novità.

Pormi orizzonti nuovi. Uscire dall’antro che ancora mi obbligo a chiamare casa e concedere voce al respiro. Il foliage d’Autunno, così, vi confesso, non lo avevo mai considerato. I colori… oh, i colori… le tinte che assume il paesaggio invitano a sognare. Incutono serenità, appena ci si abbandona.

Il rame, l’amaranto, il verde oliva o il sottobosco. Poi gli ocra, che fanno a gara con tutte le declinazioni dei marroni… l’Autunno, di per sé, non mi aveva mai interessata o, almeno, non quanto avrebbe meritato, troppo indaffarata, Io, a rincorrere il Sole impetuoso dell’Estate o la neve algida dell’Inverno. E invece… è questa assenza di dettagli che devo riprendere in mano. Imparare a focalizzare l’attenzione sui particolari.

Cosa accade nella stagione che conduce al freddo? Mi interrogo. Cadono le foglie… si tagliano via i rami secchi (siamo sempre lì, a ben guardare…). Si mettono via i panni che non si useranno più, almeno per un po’ e si rivede il guardaroba.

Dunque, riassumendo: donna giusta, giusta posizione, adeguato momento. Cosa manca, quindi? Cosa non scatta come dovrebbe? Possibile che il meccanismo si sia inceppato, proprio sul più bello? Mi accorgo che, forse, l’errore è – ancora in questo caso – nel fare riferimento ad altri, anziché a me. Ascoltare le loro esigenze, prima ancora delle mie e rimanere poi prigioniera di un’invasione non prevista, dove anche le belle premesse finiscono per assumere un sapore amaro.

Caspita – mi rimprovero – Buoni propositi e poi che fai, ti perdi di vista?

Attestato il fatto che ho deciso di addentrarmi in un terreno minato, devo procedere con cautela. Non resta che questo. Smetterla di voler prevedere e godermi il momento. Quando guardo negli occhi di Lui, amarlo, volerlo, aggrapparmi – per una volta – alla sua, di forza, anziché pensare di dover far leva, ancora in questa occasione, sulla mia.

Camminare… piano. Dio, sono un’Ariete… è un controsenso! Eppure, la sezione di me – cuspide – che entra nel Toro mi suggerisce di rallentare. Le situazioni, spesso, si raccontano via via. Le matasse si dipanano nel procedere.

Immaginate di afferrare tra le mani La settimana enigmistica. Gioco di riferimento: il Labirinto. Ebbene, è come pretendere – da parte mia, se ci ragiono – per risolvere l’enigma, di partire dalla fine per ritrovare poi il punto di partenza. Appellarsi alla certezza dei fatti, proprio come accade in alcune serie tv, in cui la scena iniziale comprende l’epilogo della storia e poi, solo poi, si torna daccapo.

Ma questa è la vita, Baby! Occorre buttarsi. Il paracadute lo hai comprato? No? Bene, tua scelta. La rete sotto c’è? No. Bene, lo sai. C’è qualcuno per cui vale la pena non farsi troppo male? L’unica a cui hai necessità di rispondere, al momento, sei proprio Tu.

Farai feriti o sarai Tu il ferito… o il cadavere – chi lo sa – ma, se non altro, potrai dire di averci provato. Così, sollevati, bambina. Urta i fianchi negli spigoli, come fai sempre e lascia entrare il cambiamento. Non ti piace la sua faccia? E chi mai ti ha promesso che fosse comodo o che non richiedesse un certo prezzo?

Il punto è che finché ti ostini qui nulla accade… e soffri. Soffri, per l’inconsistenza che ti penetra sin nelle ossa e ti piega. Guarda avanti, piuttosto. Osserva dritto a te e sgancia uno di quei sorrisi che sdraierebbero chiunque. Tu hai un potere. Hai potere, anzi. Ce l’hai su te stessa, ragazza dalla volontà di ferro e dal carattere tenace. Piccola dea dagli occhi screziati, smettila di piangere e di ribellarti all’ignoto.

Ti sostengo. Ti amo. Ti porto con me…

Vi aspetto. Attendo i vostri consigli, i commenti, gli sfoghi, o tutto quel che vi attraversa la mente. E’ un portfolio di idee e riflessioni questo e quel che se ne ricava – ne sono convinta – può rivelarsi in ogni caso utile, non soltanto per me…

Scrivetemi! Scrivete a Diario di A.: evamielefederica@gmail.com Sarà un piacere ascoltarvi, rispondervi, confrontarci insieme…

ATTO I: “Le suggestioni

ATTO II: “Le decisioni

Atto III: “Innamorata di me

ATTO IV: “Difficoltà