Nutella… ma non è sempre stata così

Nutella… ma non è sempre stata così

Prima, prima di rimanerne conquistati; anzi, stregati… c’era la Supercrema. Una crema stabile, da vendere in lattine ermetiche e in bicchieri di vetro. Per la spalmata‘ – così come ai tempi veniva chiamata, “i bambini accorrevano in negozio, portando con sé una fetta di pane” e la sceglievano: “leggera da cinque lire o più consistente, da dieci“.

Idea geniale, quella che affonda le sue radici nella Fabbrica del cioccolato di Alba (la Ferrero ndr.) e che sembra, in parte, affacciarsi al mito; frutto, in quel lontano 1951, dell’ingegno e della creatività di Michele Ferrero, per l’appunto.

Sull’antesignana della Nutella, prodotto arcinoto e fortemente attuale, è stato persino scritto un romanzo, di recente: La fabbrica della Supercrema (Gruppo Editoriale San Paolo), di Luigi Ballerini. La storia? E’ quella di Teresa e Lino e si snoda tra il 1948 e il 1957. A fare da cornice, la Vespa, la televisione, i primi cartoni animati americani e la rivoluzione in fieri che, appena a seguire, avrebbe interessato gli anni ’60. Racconto, al contempo, di un’imprenditoria “vivace e creativa“, stando all’autore, “capace di crescere e svilupparsi, secondo un’idea di lavoro positiva e rispettosa della persona… “.

Particolare fonte di ispirazione, proprio Michele: “Più conoscevo questa figura, con quella di suo padre Pietro e di suo zio Giovanni, più mi sono ritrovato a pensare che una storia così sarebbe stata da far conoscere alle ragazze e ai ragazzi di oggi“, confessa la penna che ha mosso l’intera macchina produttiva. Un esempio, invito alla riflessione per le menti colte, sì ma, in maniera ancor più evidente, per chi la passione la sposa con l’età. L’intenzione era, tradotto, di “arrivare ai giovani e, per farlo”, doveva, il nostro, “mantenere alti i livelli di lettura. Doveva essere, allora, una storia coinvolgente, emozionante, che illustrasse al tempo stesso il periodo del dopoguerra, con il suo messaggio di rinascita e ripresa, e gli esordi della Ferrero. Purtroppo, è una distinzione tipicamente italiana quella che… separa i romanzi per giovani da quelli per adulti, relegandoli in una nicchia specialistica. Ritengo, invece, che un buon romanzo per i giovani debba esserlo anche per chi è già cresciuto“. Tant’è.  

La formula gli ha permesso di muoversi all’interno di un contesto storico che ripercorre, più o meno, un’intero decennio. I lettori assistono al nascere e allo sbocciare dell’amore che coinvolge i protagonisti e, in contemporanea, si fanno testimoni del successo della rinomata Azienda. I due, in pratica, “si incontrano, che hanno 17 anni e sono due giovani operai. Si conoscono nel ‘48, durante l’alluvione che devastò Alba e che distrusse, tra le altre cose, anche la fabbrica. Vediamo due ragazzi che si impegnano nella ricostruzione del loro Paese“. Al loro fianco c’è anche un’altra coppia, quella di Caterina e Tomà, due cari amici, che contribuiscono, nel disegnare un quadro dall’atmosfera rincuorante.

Un romanzo – come si diceva un tempo – dai buoni sentimenti, specchio di una vivacità che apparteneva all’Italia di allora e che, nel tempo, si è persa. Una Penisola, pure, infarcita ancora di sogni – parecchi Americani – di facce Hollywoodiane, come quelle di Marilyn o Rocky Balboa, Audrey Hepburn o James Dean. E poi c’è la politica, la Guerra Fredda, la narrazione della famiglia, a cominciare dalla Ferrero: Pietro e sua moglie Piera, il fratello Giovanni, il figlio Michele… un avvicendarsi di generazioni che ci conduce direttamente qui, sulle tavole apparecchiate, ogni mattina, in occasione della prima colazione, oppure allestite per la merenda. In primo piano, sempre lei: nocciola da afferrare con il coltello, prelevandola dal barattolo e da gustare, nella versione nuda o arredata dal pane.

Fatto sta, rimane sempre incredibilmente buona!

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